- Scritto da Angelo Siciliano
Questa pipa in terracotta probabilmente è del Novecento. La falange del dito, invece, potrebbe appartenere ad una persona della preistoria o dell’epoca romana, la cui tomba era in contrada Costa della Menola, un sito frequentato già nell’età del Bronzo. Qui alcune tombe sono state distrutte nel tempo per la coltivazione della terra o per l’edificazione di qualche casa. Se questa ipotesi è corretta, questa persona non conobbe il tabacco che fu introdotto in Europa dopo la scoperta dell’America, avvenuta nel 1492.La paura dei “morti che tornano”, era una credenza diffusa tra i nostri avi. Parlare dei morti non era un tabù, ma parlarne male poteva indurli a tornare dall’aldilà per accecare nel sonno, con un ossicino, colui che aveva espresso considerazioni negative nei loro riguardi.Anche nella tarda età romana e all’inizio del medioevo c’era la paura dei “revenants”, cioè di “coloro che ritornano”. In alcune tombe a inumazione, a Baggiovara di Modena e a Casalecchio di Reno presso Bologna, sono stati trovati alcuni scheletri mancanti di arti e della testa. Infatti questa credenza poteva indurre i vivi a consumare dei riti macabri, come la mutilazione rituale post mortem del cadavere, per evitare che tornasse dall’aldilà e rivendicasse di riprendere la propria posizione sociale e familiare, e il possesso dei propri beni. Nota dell'autore
- Scritto da Angelo Siciliano
È un’antica, straordinaria e malconcia costruzione rurale a quadrilatero, con quattro torri esagonali disposte ai quattro angoli, in contrada Marinella, nel territorio di Montecalvo Irpino. Dal suo aspetto se ne deduce una qualche somiglianza con Castel del Monte, fatto edificare da Federico II tra il 1240 e il 1250, nel territorio dell’attuale comune di Andria in Puglia, che si presenta però ottagonale con otto torri esterne, anch’esse ottagonali, una per ogni angolo. Questo casino, che andava tutelato, è stato fatto abbattere per metà, a causa dello sfruttamento di una perizia abitativa per la costruzione di un’anonima casa rurale. Tutto ciò a causa della miopia burocratica degli enti preposti all’assegnazione dei fondi per la ricostruzione, dopo il terremoto del 1962. È uno dei numerosi esempi di rinnegamento o ingiurie al patrimonio architettonico storico, che si perpetuano da sempre in questo territorio, che meriterebbe tanto rispetto da parte di tutti, perché non siano cancellate per sempre storia e memoria.
- Scritto da Angelo Siciliano
IL BASILICO, CORSO UMBERTO I E IL TRAPPETO A MONTECALVO IRPINO
La masinicója, li ccàsura di lu Mónt e lu TrappìtuUn mondo sta scomparendo quasi senza accorgercene
Il basilico, basilikón, ovvero la pianta dal profumo mediterraneo di ‘erba reale’ come la chiamavano i Greci; le case crollate o pericolanti da abbattere in Via del Monte, la strada del borgo medievale, lastricata con basoli di lava del Vesuvio, rinominata Corso Umberto I, in onore del secondo re d’Italia assassinato a Monza nel 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci per la sua politica autoritaria e repressiva, e che conserva ancora, a dispetto dei rifacimenti del passato, diverse maschere apotropaiche sulle chiavi di volta dei portali;
il Trappeto, rione trogloditico ignominiosamente abbandonato dopo il terremoto del 1962; il centro storico, che aveva subito stessa sorte dopo il terremoto del 1980 e che solo da qualche anno si sta cercando in qualche modo di recuperare e rivitalizzare
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- Scritto da Angelo Siciliano
Mamùni e Mammulùni, termini alquanto onomatopeici, nella mitologia contadina stavano per figure mostruose, adoperate per inibire i bambini e indurli a desistere dal frignare e fare capricci. Sono traducibili con “Gatto mammone” che anticamente era attribuito ad alcune specie di scimmie e a un gatto grande favoloso, adoperato nell’intrattenimento dei bambini.Mammone è il cognome di un brigante, Gaetano Mammone, nato a Sora (FR). Secondo la leggenda si comportava da mostro sanguinario all’epoca dell’altro brigante Fra’ Diavolo (1771-1806), il cui nome era Michele Pezza. È probabile che sia lui l’uomo nero dei bambini. Infatti, il Mammone fu il prototipo di criminali feroci e inumani e beveva il sangue degli sventurati che faceva scannare. Eppure, a quel mostro, Re Ferdinando I di Borbone, dopo la restaurazione monarchica del 1799, avvenuta a seguito dell’abbattimento della Repubblica Partenopea, con l’aiuto delle bande sanfediste del cardinale Fabrizio Ruffo, scriveva “mio generale ed amico” e gli concedeva una pensione di 3000 ducati (cfr. Manhès Mc Farlan, Brigantaggio – Un’avventura dalle origini ai tempi moderni 1700-1900, Capone Editore & Edizioni del Grifo, Lecce 2005, pp. 33-38).2 Quasi tutte le case del paese, fino al secondo dopoguerra, oltre ad avere la porta, avevano incardinata davanti ad essa una portella di legno, alta al massimo un metro e trenta centimetri.