Palazzo Ciampone – Peluso – De Juliis

Lo splendido edificio che si trova, quel che ne è rimasto, alla fine del Corso Vittorio Emanuele, nella cosiddetta piazza Nicola Pappano, fu costruito, quasi certamente nel 1702, anno del disastroso terremoto del 14 marzo. Come mi informa il dott. Aldo De Juliis, fu realizzato su incarico della nobile famiglia montecalvese dei Ciampone, su progetto dell’architetto e ingegnere romano Giulio Buratti (che aveva lungamente lavorato per il Vaticano con i Papi Alessandro VII, al secolo Pietro Ottoboni, Pontefice dal 1689 al 1691;  Innocenzo XII, al secolo Antonio Pignatelli, Santo Padre dal 1691 al 1700 e Clemente XI, al secolo Giovanni Francesco Albani, papa dal 1700 al 1719). Fu eretto nello stile barocco che nel 1600 imperava a Roma e che ebbe i massimi rappresentati negli architetti Bernini e Borromini, “accaniti rivali di mestiere” (piazza Navona, con le sue chiese contrapposte, docet).

 

 

 

 

 

 

 

Stemma della famiglia Ciampone. Foto di Angelo Siciliano.

L’architetto romano si trovava, nel 1702, a Montecalvo su incarico dell’allora Arcivescovo di Benevento (dal 1686) Cardinale Pierfrancesco Orsini (divenuto nel 1724 Papa Benedetto XIII), per redigere preventivi e progetti per il recupero ed il restauro delle chiese montecalvesi danneggiate dal sisma di quell’anno. Dai documenti consultati l’incarico conferito da Papa Orsini al Buratti riguardava specificamente la Chiesa Madre o Collegiata di Santa Maria Assunta in Cielo, quella di Santa Caterina e l’altra di San Sebastiano o del Carmine. Il progetto conferito dalla famiglia Ciampone, così come redatto dal Buratti, prevedeva, originariamente, due piani sopraelevati.Alla fine, per motivi di costi, il secondo piano fu “cancellato”. Nonostante l’eliminazione il progettista riuscì ad armonizzare il disegno e, a lavori conclusi, ne venne fuori uno splendido edificio barocco, unico, all’epoca, in provincia per bellezza ed armonia di volumi. Quella dei Ciampone era una famiglia molto in vista a Montecalvo. Il primo rappresentante che nei documenti di famiglia ho ritrovato è Giovanbattista che nel 1594 era arciprete della Chiesa Madre di Ginestra degli Schiavoni (BN). In una “carta” del 22 giugno 1631 un Alfonso Ciampone risulta essere un “decurione” (“nominae deputatorumdell’Università di Montecalvo - così recita l’atto ufficiale).Altri rappresentanti della famiglia Ciampone di cui sono riuscito a rintracciare memoria sono stati: 1619 Ottavio, Angelo e Maria Teresa (che aveva studiato nel Collegio delle Salesiane di San Giorgio alla Montagna e che, agli inizi del 1700, sposò l’avvocato Pasquale Bozzuti del casato materno di San Pompilio).

Nel 1765 ritroviamo un Giovanni, medico. Poi un altro Giovanni, sacerdote, figlio di Angelo e di Vittoria Chiancone. Successivamente un Bartolomeo, figlio di Simone e di Vittoria Celillo. Ancora un Pasquale, figlio di Giuseppe e di Orsola d’Arminio. Nel 1736 ritracciamo un Nicola, dottore in legge, <dotto ed esperto nel diritto civile e canonico>. Ancora un altro Nicola, figlio di Simone e di Vittoria Celillo, <aggregato, nel 1782, alla nobiltà beneventana>. Nel 1790 incontriamo un altro Angelo, giurista, sposato con Orsola Andreotti di Castel Baronia. Poi un Padre Giuseppe dell’OFM, figlio di Giuseppe e di Orsola d’Arminio. Morì il 6 giugno 1803 e fu sepolto nella chiesa montecalvese del convento di S. Antonio. Il 19 aprile 1768 la famiglia Ciampone ottenne da Papa Clemente XIII (al secolo Carlo Rezzonico, Pontefice dal 1758 al 1769) il permesso di poter celebrare, giornalmente, nella cappella di palazzo, la messa. Il nome della famiglia Ciampone  è rimasto legato al toponimo “Piana di Ciampone, estensione di terreno pianeggiante esistente alla località Frascino” (cfr. Cavalletti e Lo Casale, opera citata). L’immobile, nel tempo, divenne proprietà dei Peluso, altra famiglia in vista del paese che prima abitava in “Via Monte, 43”, oggi Corso Umberto. Il palazzo seicentesco dei Peluso, posto ai piedi del castello dei Pignatelli, come risulta  dallo stato descrittivo del patrimonio della famiglia Peluso del 7 giugno 1890, come mi informa il dott. Aldo De Juliis, era costituito da: “casa palazziata alla strada Monte, civico 43, articolo del catasto  643, composta da 18 vani, cioè: 3 sottani, 2 cortili, 2 stalle, una cantina, 5 stanze da letto, 3 dietro stanze”. corrisponde oggi a quel poco che resta della casa acquistata, come “perizia”, dopo il terremoto del 1962, dalla famiglia Bisogni e che affaccia sulla ringhiera che sporge sul Trappeto più o meno all’altezza della casa dei “Cillese”. Fino al terremoto del 1962 di quel palazzo era ancora visibile la bella corte interna, con un magnifico scalone in pietra contornato da bellissime bifore e il piano nobile (che veniva “affittao” dagli ultimi proprietari per i banchetti di nozze quando in zona non esistevano ristoranti). Le bifore in pietra dello scalone si sarebbero salvate dallo sversatoio e sarebbero state utilizzate per altri scopi. Nessuno ha più memoria di quel palazzo signorile. Ne conserva il ricordo il mio informatore Questore Dottor Aldo De Juliis (oggi vive a Napoli) che, con nostalgia, scrive: “Caro Mario, buona parte delle notizie che ti ho fornito mi furono date da mio padre  (don Checchino n. d.a.) durante le lunghe passeggiate che, nella prima infanzia, facevo con lui tra gli inebrianti profumi ed i brillanti colori della campagna montecalvese. Di Montecalvo, dei montecalvesi, di mio padre e di mia madre (Donna Rosa Pizzillo n.d.a.) buona, generosa dolcissima, serbo un ricordo pregno di nostalgia e rimpianto”. Quando il medico dottor Domenico Peluso sposò Giovanna Ciampone ebbe in dote il palazzo di Corso Vittorio Emanuele che, da allora, cominciò ad essere chiamato “Palazzo Peluso”. L’ultima dei Peluso di cui si ha memoria è Maria, Angelica, Mina, Orsola, nata a Montecalvo, “Provincia di Principato Ulteriore, ad ora cinque, sindaco Ciriaco Casale, il 19 giugno 1813, dal medico dottor Domenico di anni quarantadue e dalla N. D. Giovanna Ciampone, di anni trentasette domiciliati a Montecalvo in strada Piano” ( estratto dall’atto di nascita trascritto nel registro anagrafico del 1813, conservato nell’archivio comunale di Montecalvo). Maria, Angelica, Mina, Orsola Peluso era una “volontaria” ante litteram, molto impegnata nel sostegno ai bisognosi di Montecalvo: accompagnava a Napoli, a proprie spese, presso gli ospedali di quella città, indigenti che necessitavano di assistenza specialistica che i medici locali, compreso il padre, non potevano dare. I “Peluso” erano originari di Montoro (AV). Il primo ad “arrivare” a Montecalvo fu, nella seconda metà del 1600, Domenico Peluso, sposato alla signora Anna Di Giovanni. Era Reggente del Regio Consiglio ed era “dottore fisico in Montecalvo” (quel titolo professionale corrispondeva a quello degli odierni veterinari; all’epoca, presso le Università, non funzionava la facoltà di Veterinaria: gli animali venivano curati dai “dottori fisici”, laureati in medicina, e dai maniscalchi o ferraciucci). Nel 1733 il professor Francesco Peluso, dottore in “utroque”, sposò la nobildonna Monica Pirrotti, sorella di San Pompilio. Un Domenico Peluso, “dottore in ambo le leggi”, fu sindaco di Montecalvo nel 1831. Morì il 27 marzo 1853.

 Dr. Domenico Peluso.

Un altro discendente di questa nobile famiglia ad abitare il palazzo del Monte, fu Domenico Peluso (il nome ricorre sempre nella famiglia) che era sposato con Maria Antonia Bozzuti , del ramo materno di San Pompilio. Questi ultimi signori, oltre alle grosse proprietà terriere e di case in paese, possedevano anche belle ed artistiche dimore a Napoli. Erano imparentati con i De Juliis di Buonalbergo e con i Principe (che avevano un palazzo alla Costa dell’Angelo, dove ha abitato la famiglia del martire dell’antifascimo montecalvese Gustavo Console, prima del definitivo trasferimento a Firenze; oggi quel palazzo della “Costa”, cadente, appartiene ai Lazazzera). I De Juliis “sono da annoverare tra le famiglie più importanti di Montecalvo e Buonalbergo, distintisi oltre che per la cospicua posizione finanziaria, anche per le cariche ecclesiastiche, civili e professionali svolte con competenza e dedizione”. Nel 1860 Buonalbergo fu il primo paese del Principato Ultra ad innalzare la bandiera nazionale e un Giuseppe De Juliis compare tra i sette membri del governo provvisorio. “Figura per molti aspetti ragguardevole è quella dell’avvocato Michele De Juliis (1840-1910) che fu sindaco di Buonalbergo, incarico che ricoprì con grande senso di responsabilità e amore. Fu tanto amato dalla sua cittadinanza che alla sua morte, prima di portarlo al cimitero, i concittadini vollero recarlo in processione per tutto il paese”.

 Era sposato con Maria Antonietta Peluso di Montecalvo. Ebbe sette figli che ereditarono la capacità, l’altruismo e la sensibilità paterna, nonché l’amore per il prossimo.

L’avvocato Michele De Juliis con la moglie Mariantonia e i figli maggiori.

I sette figli dell’avvocato Michele De Juliis.

Era sposato con Angelina Susanna, marchesa di Sant’Eligio. Il suo matrimonio non fu coronato dalla nascita di figli. Visse fino alla morte nel suo bel palazzo barocco di Montecalvo. Dopo la morte del marito donna Angelina ritornò nella sua dimora avita (palazzo De Cillis, pervenutole, in parte, per successione ereditaria) nel centro storico di Montecalvo, e rinunciò alla proprietà del coniuge che andò, in patrimonio, al 50 %, ai due fratelli superstiti di Don Filiberto.

Filiberto De Juliis, figlio di Michele, nato a Buonalbergo il 7 marzo 1897, ereditò dalla mamma il palazzo montecalvese. Laureato giovanissimo in medicina presso l’Università di Napoli. Svolse attività di assistente presso la Prima Clinica Medica dell’Università partenopea e fu medico anche dell’Ospedale degli Incurabili. Si specializzò in “malattie tropicali” presso l’Università di Bruxelles. Partecipò con il grado di tenente medico degli Alpini alla guerra del 1915-18. Volontario partecipò, col grado di colonnello della sanità, alla Campagna d’Africa nel 1935. Anima complessa ed aristocratica si curò dei deboli prestando, gratuitamente, la sua professione di medico per chi più ne aveva bisogno. Ebbe buon gusto nelle lettere e nella filosofia e, cimentandosi arditamente nell’arte dello scrivere, pubblicò con lo pseudonimo di Mario Forleo alcuni romanzi che riscossero lusinghieri apprezzamenti dai critici letterari dell’epoca”. Morì a Montecalvo il 15 giugno del 1941, per infarto, a soli quarantaquattro anni. Era sposato con Donna Angelina Susanna dei Marchesi di Sant’Eligio. Il suo matrimonio non fu coronato dalla nascita di figli. Visse fino alla morte nel suo bel palazzo montecalvese. Dopo il decesso del marito Donna Angelina ritornò nella sua dimora avita, in pieno centro storico a Corso Umberto (palazzo De Cillis, pervenutole in parte, per successione ereditaria). Rinunciò all’eredità del coniuge in favore dei due fratelli superstitidi Don Filiberto, che l’ereditarono al 50%.

 

Maria Teresa Principe.

    

Giuseppe De Juliis.

Precisamente: Don Peppino (Giuseppe) De Juliis (sposato con Donna Teresa Principe), avvocato, cavaliere della Legione d’Onore, colonnello di complemento, pluridecorato per meriti di guerra (prima e seconda Guerra mondiale), capo dei Servizi segreti e della Censura in Sicilia nella Seconda Guerra mondiale. Nel 1916 risultò, a soli 23 anni (era nato il 1° gennaio 1893), il più giovane capitano dell’esercito d’Italia. Morì a Napoli il 25 ottobre 1958.

 

  Rosa Pizzillo.

  Checchino De Juliis.

Don Checchino (Francesco) De Juliis (sposato con Donna Rosa Pizzillo), commercialista, laureato a Venezia.

Gli eredi, germani di Don Filiberto e di Don Checchino, fino agli anni Sessanta del Novecento, tennero aperto il palazzo montecalvese.

Dopo varie “successioni familiari”, palazzo Ciampone – Peluso – De Juliis fu venduto a due distinti e non imparentati acquirenti, ed ora, pur essendo “vincolato” (unico stabile in paese, oltre al castello, col vincolo della Sovrintendenza), versa, quel poco che ne è rimasto in piedi, in condizioni di estremo abbandono: la pratica per la ricostruzione postellurica non è stata mai sovvenzionata pur avendone, gli attuali proprietari, presentato il progetto di ricostruzione.

Oggi i rappresentanti della famiglia De Juliis sono gli eredi viventi di don Peppino: Michele De Juliis, ingegnere, nato a Napoli il 24 aprile 1924, dirigente ANAS in pensione, che vive a Roma.  Nobildonna Maria Antonia, Clara, Luisa De Juliis, nata a Montecalvo l’11 settembre 1925 (atto di nascita n. 130, Parte I, “atto ricevuto, su richiesta di Giuseppe De Juliis, avvocato, di anni trentatre, dall’assessore delegato Francesco Pizzillo, testimone l’avvocato Giovanni Principe”così si legge nel registro che lo contiene), vedova di Antonio Rummo, industriale pastaio, del rinomato pastificio Rummo di Benevento, dove vive (è rimasta al palazzo montecalvese fino al 1960).  Nobildonna Angiola De Juliis, vedova di Orazio Rummo, fratello di Antonio, nata a Napoli il 25 settembre 1933. La signora Angiola conserva, per averla avuta come quota ereditaria, nella sua dimora di Benevento, una copia in scala di una statua lignea della chiesa della “Madonna del Caravaggio” di Napoli che il nostro beneamato San Pompilio regalò, in vita, alla sorella Monica che aveva sposato un componente della famiglia Peluso (Domenico).

Eredi viventi di don Checchino (Francesco): dott. Aldo De Juliis, questore di PS in pensione, vive a Napoli. Dott. Filiberto De Juliis, funzionario di banca, vive a Napoli.

I De Juliis vantano tra i loro antenati le famiglie Peluso, Ciampone e Pirrotti di Montecalvo. Come già detto Michele De Juliis sposò una Peluso. I Peluso, a loro volta, erano imparentati con i Cianpone per via di un altro matrimonio tra Domenico Peluso e Giovanna Cianpone. Con i Pirrotti per il matrimonio avvenuto il 9 maggio 1733 tra Domenico Peluso e Monica Pirrotti, sorella di San Pompilio.

“Le famiglie Peluso e Ciampone, di cui si hanno notizie sin dalla fine del 1500, furono illustrate da numerosi prelati, magistrati, notai, avvocati, uomini di lettere, molti dei quali si distinsero per le loro alte cariche civili, religiose e politiche esercitate con competenza, dedizione, alto senso di responsabilità e, soprattutto, di amore verso i loro concittadini”(il virgolettato è stato tratto dalla corrispondenza intercorsa tra chi scrive e l’amico dott. Aldo De Juliis).