MOSTRA FOTOGRAFICA SUI 50 ANNI DI ATTIVITÀ
DEL GRUPPO ALPINI DI MONTEVACCINO (TN)
Nell’anno degli Alpini nati come Compagnie Alpine nel 1872

Un piccolo borgo, quello di Montevaccino (Tn), alle spalle del Monte Calisio o Argentario, inserito nell’omonimo Ecomuseo con i suoi canopi, a testimonianza delle miniere da cui, nei secoli passati, si estraeva un minerale importante anche per le finanze del Principato vescovile di Trento, la galena argentifera. Una piccola realtà, che non visitavo da qualche anno e che ho trovato parecchio cresciuta urbanisticamente.
Attraverso Facebook, l’amico Gianko Nardelli, nato a Sopramonte (Tn) ma montese d’adozione, nonché ex carabiniere ma pure mente, motore instancabile e presentatore di questa operazione, m’aveva invitato all’inaugurazione della mostra fotografica “Gruppo Alpini di Montevaccino: cinquant’anni di impegno e solidarietà (1960-2010)”. Gli avevo risposto sul web in forma dubitativa, ma poi, rimossi ogni remora e impegno, ho deciso di partecipare. E ho trovato, dopo un inverno lungo che sembrava proiettarci direttamente in braccio all’estate, un ambiente rigoglioso: boschi in pieno stato vegetativo, prati in fiore, ciliegi prossimi alla maturazione dei loro frutti.
In cima al bosco cantava un cuculo, che di questi tempi avrà già provveduto a parassitare con un proprio uovo alcuni nidi di malcapitati uccelletti. Sugli alberi attorno alle case, un concerto meraviglioso – momenti che conciliano con l’armonia del Creato che l’uomo spesso non si astiene dal deturpare – di canti di piccoli uccelli canori che hanno già nidificato: cardellini, fringuelli, verdoni, codirossi, verzellini… E tra le chiome degli alberi intorno al Centro Sociale, un pigolare di alcuni involati di cardellini.
La vista sulla Valle dell’Adige è alquanto esigua da qui: si nota la zona di Ischia Podetti, dove ancora si interrano i nostri rifiuti. Ma guardare le montagne circostanti amplifica il respiro, Monteterlago sotto la Paganella, sino al Brenta e oltre, verso nord. La chiesa di S. Leonardo di Noblat, col suo alto campanile aguzzo, e un fazzoletto di cimitero, le nuove case raccolte a corte e i minuscoli orti mi hanno restituito “Rio Bo”, breve lirica di Aldo Palazzeschi, tra quelle che i maestri d’una volta ci costringevano a memorizzare, per non dimenticarle più: Tre casettine / dai tetti aguzzi, / un verde praticello / … Microscopico paese, è vero / paese da nulla, ma però… / una grande magnifica stella / … / Una stella innamorata? / Chi sa / se nemmeno ce l’ha / una grande città. In questi versi minimi (ho escluso quelli con Rio Bo, ma anche Montevaccino ce l’ha un ruscelletto che scorre a valle poco distante), di questo testo nello spirito crepuscolare di inizio Novecento, col ritmo di una canzoncina che forse neanche più si studia a scuola, pare racchiudersi, in questa calda mattinata di fine maggio, il mondo incantato di Montevaccino, che annovera diversi Alpini tra i suoi residenti, che festeggiano oggi i cinquant’anni di vita del loro Gruppo.

Il 2010 è l’anno degli Alpini. A Bergamo, il 7, 8 e 9 maggio, c’è stata l’83ª Adunata Nazionale Alpini, con reduci accorsi da tutt’Italia e anche dall’estero.
Le origini degli Alpini sono antiche. Risalirebbero addirittura all’epoca romana: i Cimbri dell’Altopiano dei Sette Comuni, le Milizie Valdesi, le Milizie di autodifesa delle Valli del Trentino, del Cadore e del Friuli. Ma se questi sono i lontani precursori, la loro origine moderna data 15 ottobre 1872, undici anni dopo l’Unità d’Italia, quando, su proposta del capitano di fanteria Giuseppe Perrucchetti, considerato il padre degli Alpini, furono create a Napoli le prime 15 Compagnie Alpine, per la difesa dei valichi di montagna degli oltre 1500 km di confine italiano delle Alpi, e ciascuna era costituita da uomini provenienti dalla stessa vallata, e in grado quindi di assolvere efficacemente il compito di difesa, per via della perfetta conoscenza della zona d’impiego.
Nel tempo, il Corpo degli Alpini è cresciuto e, pur essendo nato per la difesa delle Alpi, è stato impiegato altrove e il battesimo del fuoco lo ebbe in Africa, ad Adua, nel 1896, e ha partecipato alla Guerra di Libia del 1911, alla conquista dell’Abissinia nel 1935 e alle due guerre mondiali, con la tragedia della ritirata di Russia del 1943 del Corpo d’Armata Alpino, inquadrato nell’ARMIR. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, in quel clima di confusione e incertezza ideologica, alcune unità alpine si schierarono su entrambi i fronti contrapposti, quello dei partigiani e quello della Repubblica Sociale Italiana. Attualmente alcuni contingenti di Alpini si avvicendano in missione in Afganistan, nell’ambito degli accordi tra le Interforze di pace internazionali.

Una preghiera fu scritta per loro nel 1935 dal colonnello Gennaro Sora. Diversi canti, dedicati agli Alpini a partire da inizio Novecento, sono entrati nel repertorio abituale dei cori di montagna e i più noti sono: Sul cappello, Dove sei stato mio bell’Alpino, Il testamento del capitano, Montagne addio, E Cadorna manda a dire e Monte Nero.
Tra tanti personaggi che sono stati Alpini, ricordiamo i martiri della Grande Guerra Cesare Battisti e Fabio Filzi, gli scrittori Carlo Emilio Gadda, Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi e Mauro Corona, i giornalisti Bruno Pizzul e Giorgio Bocca, il beato Carlo Gnocchi e il cantante Luciano Ligabue.
All’ANA, Associazione Nazionale Alpini, sono iscritti gli Alpini in congedo, che svolgono sul territorio opera fondamentale di volontariato, vèci e bòci insieme, intervenendo in soccorso delle popolazioni in quelle aree territoriali, in cui si sono verificate catastrofi e calamità naturali.
La mostra di Montevaccino, con fotografie, documenti scritti, alcuni manifesti e locandine, diversi gagliardetti, un manichino vestito da alpino e un basto di mulo, ha lo scopo di recuperare le radici umane e sociali di questo luogo e riannodare i fili della memoria di una micro-comunità a rischio di perdita di identità, nell’attuale realtà mediatica, narcisistica e consumistica. Tutto il materiale esposto è stato raccolto con grande abnegazione nelle famiglie di Montevaccino, facendo leva sui rapporti personali e sui ricordi degli anziani, imprescindibile risorsa e giacimento del sapere popolare locale, base di partenza per operazioni culturali di questo tipo. L’esposizione sintetizza non solo la vita degli Alpini del posto, ma anche i loro legami affettivi e col territorio, il servizio militare prestato, le partecipazioni alle adunate locali e nazionali, gli interventi sul territorio in 50 anni di impegno sociale e solidarietà. Tutto il materiale esposto sarà scrupolosamente archiviato a cura del Centro Sociale di Montevaccino.
La giornata è proseguita con una sfilata con la Fanfara alpina “Valle dei Laghi”, con la celebrazione della santa Messa, con la deposizione di una corona d’alloro al Cippo dei caduti di tutte le guerre e la degustazione di alimenti da un buffet imbandito nella sala circoscrizionale del Centro Sociale.
(Questo testo è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
 
Zell, 23 maggio 2010                                                                                       Angelo Siciliano