ANGELO SICILIANO UN PO’ DI POESIA -
Sede RAI di Trento (con proposta di lettura di 4 poesie di altri autori: S. Benni, N. Hikmet, G. Noventa e G. K. Gibran, e intermezzo musicale dei Canti arcaici de la Alberca - Spagna).
Ciclo radiofonico di 13 trasmissioni
in gennaio - marzo 1994 programmato dopo la pubblicazione dell’antologia
CONTROPAROLE di 13 poeti trentini contemporanei a cura di Giuseppe Colangelo per le Edizioni ARCA – poesia
Trento 1993 Trasmissione n. 7 -
(Trento, 16/3/94) (Paolo Toniolatti – critico letterario e autore di questa scaletta di lavoro, letta con Antonio de Castel Terlago – analizza 9 poesie di A. Siciliano che ha scelto personalmente)
Leggere:
LE COSE CHE DICO di Angelo Siciliano Le cose che dicosono confusema le sento fortemente.Se meditassile direi allo stesso modo. da: Versi biologici, Tipografia Artigianelli, Trento 1977, pag. 7.Quasi una dichiarazione di poetica questi cinque versi. La prima poesia della raccolta “Versi biologici”, edita a Trento nel 1977, di Angelo Siciliano, insegnante, giornalista pubblicista, poeta e ricercatore della parola, pittore. Nato a Montecalvo Irpino nel 1946, dal l973 residente a Trento. Con la tastiera delle parole e con la tavolozza dei colori, lavora a dare forma al proprio sentire, con il sostegno di una riflessione sulle cose severa ma non arcigna. Con un’aspirazione alla verità, che sappia tenere insieme il sentimento e la razionalità. È Angelo Siciliano a proporci l’ascolto di un testo di Stefano Benni, IL POETA, appunto, dalla raccolta “Prima o poi l’amore arriva” del l990.
Leggere:
Leggere:IL POETA di Stefano Benni
II poeta è un uccelloche becca le parolesotto la neve del normaleviene sul davanzalee scappa, impauritose lo vuoi catturareIl poeta è femminaIl poeta è gagliardoha qualcosa, nello sguardoche tu dici: è un poetaSpesso è analfabetama è meglioè più immediatoil poeta è un ammalatoceltico, fegatoso, asmaticoIl poeta è antipatico, scontrosoombroso: guaichiamarlo poetaè una cometache annuncia un mondo nuovoè assolutamente inutileè un fallitoè un pappagallo di partito | è organico, no,è fatto d’ariaha nella penna tutta interala rabbia proletariaè sopra la politicaè sopra il mondoil poeta è tisico e biondoil poeta è sempre suicidail poeta è un furboneil poeta è una sfidaalle banalità del mondoil poeta è assolutamentedel tutto normaleil poeta è omosessualeil poeta è un santoil poeta è una spiapoi un giorno va viain un’isola lontanao anche a puttanae lascia un gran vuotonella poesiala suail poeta è il titolodi questa mia |
da: Prima o poi l’amore arriva, Feltrinelli, Milano, l990, pp. l09-110.
Così commenta Angelo Siciliano questa poesia:
“Essa, nel suo insieme, racchiude tutto ciò che è o potrebbe essere un poeta. Il poeta ha il diritto-dovere di essere serio, ma se sdrammatizza se stesso, non prendendosi troppo sul serio, dona al mondo un lievissimo aiuto a vivere meglio”. ••••••••••••••••••••••••••••••••
“Poesia e pittura sono strumenti differenti, ma per me inscindibili e imprescindibili, con cui si estrinseca il mio magma interiore”. Così ancora Angelo Siciliano in un’autopresentazione a una propria mostra di pittura. Troviamo conferma di questa circolarità delle immagini, con una forte venatura surrealistica, che attinge simboli propri della cultura d’origine, radicata nella terra, nella natura, con una pluralità di esseri, di presenze, nella poesia NAVI DI ORTICHE.
Leggere:
NAVI DI ORTICHE di Angelo Siciliano
NAVI DI ORTICHE di Angelo Siciliano Ha soffiato in noiil vento del fuoco.Gli alberi delle ditapece accartocciata.Covavo illusioni come lento fiumegermogliando rose nella carne.Stupisce la libertà dell’aquila.Nella serra del cuore lo stornello.Sterpi di libri la biblioteca.Canzonano le nuvole.Musica nelle mura del corpo.Note inimitabili.Indicibili discorsi del ventosulle assortite foglie dei volti.Salperanno navi di ortiche.L’universo in noi si incide.Lenta l’acqua macina le stelle.Dicono meno le paroleche i sassi lungo il greto. da: Versi biologici, Tipografia Artigianelli, Trento 1977, pag. 50.In un’altra poesia abbiamo una Visione del padre, perduto troppo presto. Il dolore permane, scandito dai tanti “non” che troveremo nel testo HO VISTO MIO PADRE, una lirica che ci offre parole terse ma non distese. Sentimento e canto sono contenuti, fermati quasi, a distanza.
Leggere:
HO VISTO MIO PADRE di Angelo Siciliano Ho visto mio padree non l’ho conosciuto.Parli chi ha conosciuto mio padre.Lavorava la terrae la terra non era moltaodiava le fabbrichee non c’erano fabbriche.Ho visto mio padree non l’ho conosciuto.Mi ha parlato fortee non l’ho sentitoha detto tante cosee non ho capito.Chi ha uditovenga a parlarmiperché mio padre ha dettocose importanti.Ho visto mio padree non l’ho conosciutoho incontrato mio padree non si è ricordato. da: Versi biologici, Tipografia Artigianelli, Trento 1977, pag. l3.Quasi in un rovesciamento della propria situazione esistenziale, Angelo Siciliano ci propone un testo di Nazim Hikmet, celebre poeta comunista turco, scomparso nel 1963: FORSE LA MIA ULTIMA LETTERA A MEHMET, del 1953. Così ne parla Angelo Siciliano: “È questa una delle cose più belle che un padre possa scrivere a un figlio. Io, meridionale, emigrante (a Trento mi trovo benissimo), orfano di padre dal l949, quando avevo tre anni e mezzo, originario di un mondo arcaico contadino, da quando scopersi Nazim Hikmet ho sempre inteso questa poesia come un fatto di struggente nostalgia. Nostalgia per una presenza mancata, quella paterna; per il Mediterraneo, culla della cultura occidentale e quindi presenza materna; per un’infanzia faticosa, ma bella, e una giovinezza piena cogli amici, tutti persi per strada”.
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FORSE LA MIA ULTIMA LETTERA A MEHMET di Nazim Hikmet Da una partegli aguzzini tra noici separano come un murod’altra partequesto cuore sciaguratomi ha fatto un brutto scherzomio piccolo, mio Mehmetforse il destinom’impedirà di rivederti(… )Non ho paura di morire, figlio mio;però malgrado tuttoa volte quando lavorotrasalisco di colpooppure nella solitudine del dormivegliacontare i giorni è difficilenon ci si può saziare del mondo.Mehmetnon ci si può saziare.Non vivere su questa terracome un inquilinooppure in villeggiaturanella naturavivi in questo mondocome se fosse la casa di tuo padrecredi al grano al mare alla terrama soprattutto all’uomo.Ama la nuvola la macchina il libroma innanzitutto ama l’uomo.Senti la tristezzadel ramo che si seccadel pianeta che si spegnedell’animale infermoma innanzitutto la tristezza dell’uomo.Che tutti i beni terrestriti diano gioiache l’ombra e il chiaroti diano gioiache le quattro stagioniti diano gioiama che soprattutto l’uomoti dia gioia.(… )Mehmet, piccolo mioti affidoai compagni turchime ne vado ma sono calmola vita che si disperde in mesi ritroverà in teper lungo tempoe nel mio popolo, per sempre. da: Poesie d’amore, Mondadori, Milano, 1980, pp. 206-209.Angelo Siciliano sa osservare la realtà, anche sul versante politico la sua coscienza civile lo porta alla denuncia, come in NATALE, un testo, edito nel 1977, in cui il linguaggio, portato di peso dalla quotidianità e dal politikese, assume una forza, una violenza, al limite dell’invettiva. Parole contro, la cui dolente attualità è prova ulteriore di verità.
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NATALE di Angelo Siciliano Natale di pescecanidegli sciacalli, degli avvoltoi.Natale degli accaparratoridegli imboscatori, degli evasori.Guai ai poveri di spiritoguai ai nullatenentiagli stupidi onesti.Piazzali di abeti e pini senza radicifiumi interminabili di canzonettepacchi ipocriti di auguri.Natale di superburocratidegli esportatori clandestinidei liberi professionisti dell’illecito.Guai ai creduloni, ai giustiai gustatori di spumante di Statoagli applicatori di decreti.Evviva agli abusivi dell’elemosinaai mezzani, agli amministratori localiconniventi, ai generali golpisti.Natale di pescivendoli benestantidelle lunghe ovvie telefonatedei supermercati, degli oreficicalamita di rapinatori. da: Versi biologici, Tipografia Artigianelli, Trento 1977, pag. 86.Con un salto brusco nel dialetto veneto, Angelo Siciliano ci propone la poesia SOLDI, SOLDI... di Giacomo Noventa, scomparso nel 1960. ... “Per caso ascoltai questa poesia una decina di anni fa, all’inizio degli anni Ottanta, e mi piacque da matti (era un programma radiofonico della RAI nazionale). La percepii come una sberla al rampantismo reaganiano, ma anche oggi, in piena Tangentopoli, mi pare molto calzante”.
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SOLDI, SOLDI... di Giacomo Noventa(Inno patriottico) Soldi, soldi, vegna i soldi,Mi vùi venderme e comprar,Comprar tanto vin che basti‘Na nazion a imbriagar. Cantarò co’ lori i beve,Bevarò se i cantarà,Imbriago vùi scoltarli,Imbriaghi i scoltarà. Ghè dirò ‘na paroleta,Che ghe resti dopo el vin,Fioi de troie, i vostri fioi,Gavarà ‘l vostro destin. Soldi, soldi, vegna i soldi,Mi vùi venderme e comprar,Comprar tanto vin che basti‘Na nazion a imbriagar. Soldi, soldi, vengano i soldi, / Io voglio vendermi e comprare, / Comprar tanto vin che basti / Una nazione a ubriacare. // Canterò con coloro che bevono, / Berrò se canteranno, / Ubriaco voglio ascoltarli, / Ubriachi mi ascolteranno. // Gli dirò una parolina, / che gli resti dopo il vino, / Figli di troie, i vostri figliuoli, / Si meritano il vostro destino. // Soldi, soldi, vengano i soldi, / Io voglio vendermi e comprare, / Comprar tanto vin che basti / Una nazione a ubriacare.da:Versi e poesie, Marsilio, 1986, pag. 100.••••••••••••••••••••••••••••••••
INTERVALLO MUSICALE: CANTI ARCAICI DE LA ALBERCA (Spagna): “LA DE SAN ANTONIO” (Lamento di S. Antonio - scelto da A. Siciliano). ••••••••••••••••••••••••••••••••
Leggere:
PER PRIMO LEVI: ALLA MEMORIA* di Angelo Siciliano Un’implosione:gli ebrei, i nazisti, il lager.L’olocausto incombe. Una chiazza di sanguesu un ballatoio del palazzodiffusa da una tivù impietosa.La gente gradisce cronache crudeli– ci si schermisce. O Jahveh Jahveh, cos’hai permesso!L’angelo che inviasti ad Abramoche giocò con Israel, dov’era? Neutrini ci hanno attraversati:ecco numeri sulle braccia.Lusinga di una stella nananon di un buco nero! * Primo Levi, chimico, scrittore, ebreo, ex deportato, suicida a Torino gettandosi nella tromba delle scale del suo palazzo, domenica, 12 aprile 1987.Non ha potuto resistere oltre al pesante fardello dei ricordi tragici del lager in cui fu internato, anche alla luce di fatti ricorrenti che attesterebbero che il mondo non ha memoria e la storia sembrerebbe non avere insegnato alcunché. da: DEDICHE, calligrammi epigrammi epigrafi con increspature barbariche, Edizioni ARCA, Trento 1994; FERMENTI, 10 Poeti italiani contemporanei – Serie oro – Volume 7, Libroitaliano World, Ragusa 2004.
Abbiamo ascoltato un altro testo di impegno civile di Angelo Siciliano. Un ricordare che è allo stesso tempo un vedere i pericoli che incombono e si annidano nel gusto di massa, nel modo stesso di far informazione. Lo sguardo va ancora più in profondità nella degradazione dell’uomo e della natura, ad opera dell’ “homo sapiens, sapiens” che “da troppo tempo / apparecchia soluzioni finali”, nella poesia APOCALISSE, edita nel 1987.
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APOCALISSE di Angelo Siciliano Di alcuni di noiidee ruzzolano per i vialidi fastosi giardini,come al capestro.Non avete mangiatoil corpo di Cristo,l’avete divorato,sbranandovi per minuti brandelli.Che ne è della croce coi tarli?I neri, senza ritegno,divorano i rossi.Anche i rossidivorano i rossi.Le ossa calcinate al sole,tra l’albero di Giudae quello del Perdono.Sarà smesso il jeansper la camicia bianca,l’abito scuro con farfalla.Non si fanno guerrail coccodrillo e il pescecane.La foresta defogliataverso la risaiaingombra di carogne e cadaveri.Non verrà Cristo apocalittico:homo sapiens sapiensda troppo tempoapparecchia soluzioni finali. da: Tra l’albero di Giuda e quello del Perdono, Trento, 1987, p. 35; CONTROPAROLE, 13 poeti trentini contemporanei, curato da Giuseppe Colangelo, delle edizioni ARCA di Trento 1994.Proprio riferendosi a questo testo, il critico Giuseppe Colangelo in “CONTROPAROLE”, edito dall’editore ARCA di Trento nel 1993, ha potuto affermare che “... Per Siciliano dunque il nostro non è un tempo di canto “ore rotundo”, bensì di stile lapidario, di frasi secche, di immagini inquietanti, conchiusi preferibilmente nella forma dell’epigramma. In attesa che si possa ritornare a “favellare” con nuova generosità, dentro rapporti finalmente umanizzati”. Talvolta le parole Angelo Siciliano le incide nel marmo, come nell’EPIGRAFE PER GIUSEPPE CRISTINO, antifascista di Montecalvo Irpino caduto in Spagna, combattente per la libertà. Molti fili tengono legato Angelo Siciliano alla propria terra. Un fare i conti, giorno dopo giorno, con la storia.
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EPIGRAFE PER GIUSEPPE CRISTINO Tu lo sapevi come pochialtri a differenza dei più:la libertà infiamma i cuoriillumina il cammino umanosa cogliere l’unico fiorequello della gioventù.Gli ideali grata mercedepiù equa di qualsiasi monetala vera unica certezzaantidoto alle ambigue promessefarneticazioni dei potenti di turno.Nel cinquantenario del sacrificiodalla terra di Spagna ormai democrazianon ci tornano cenerima la tua coerenza moraleda tempo chiede d’essere nostra. Angelo Siciliano, Montecalvo Irpino, 20. 8. 1991.da: DEDICHE, calligrammi epigrammi epigrafi con increspature barbariche, Edizioni ARCA, Trento 1994.
Sul tema della libertà, Angelo Siciliano ci propone le parole di Gibran Kahlil Gibran, libanese esule negli USA, morto nel 1931. Sono alcuni passi dal celebre poema “Il profeta”.
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La libertà” di Gibran Kahlil Gibran (… ) sarete liberi soltantose suderete la vostra libertà, cessando di chiamarlaun fine e un compimento.In verità sarete liberi quando l’affanno riempiràil vostro giorno, e il bisogno e il dolore la notte.Sarete più liberi con questa cintura, e più alti, nudie senza vincoli.(… )Ma come potrete innalzarvi oltre i giorni e le notti,se non spezzerete le catene che, all’alba della vostraconoscenza, imprigionarono il meriggio?Quella che chiamate libertà è la più forte di questecatene, benché i suoi anelli vi abbaglino, scintillandoal sole.(… )In verità ciò che bramate o che temete, che vi ripugnae vi accarezza, ciò che evitate o perseguite, ognicosa in voi levita in un tenace e incompiuto abbraccio.E come luci e ombre accoppiate in una stretta,vi fermenta in cuore.E se un’ombra dilegua, la luce che si accende diventaun’ombra per un’altra luce.Così se la vostra libertà spezza le catene essa diventala catena di una libertà più grande. da: Il profeta, Guanda, 1980, pp. 83-85.
“Poesia profetica che prende il lettore, oltre che per la bellezza delle metafore, per lo stile colloquiale che la contraddistingue, trascurato in tanta poesia contemporanea”. Così Angelo Siciliano ci guida in un’altra tappa del suo viaggio nella parola altrui.
Leggere:
L’ANIMA DEL SUD di Angelo Siciliano Il Sud, scrutodal di fuori,come l’animail corpoda cui trasmigra. da: Tra l’albero di Giuda e quello del Perdono, Trento, l987, pag. l7.
Recupero di immagini luminose, il corpo e l’anima, un verbo, “scruto”, che rende più teso il rapporto d’amore, il senso di appartenenza alla propria terra. Un cercare, un riportare alla luce ciò che rischia di essere sepolto. Il dialetto irpino, i canti arcaici contadini, le presenze nel dialetto stesso di contatti con altre culture. Una ricerca antropologica, quella di Siciliano, oltre che glottologica. Concludiamo il nostro incontro con l’ascolto della poesia inedita SIAMO NOI SEMPRE, del 1991. Un testo che ha una musicalità alta, a segnare l’epopea della gente del Sud: un noi che accomuna paesaggio, animali, natura, i luoghi dell’uomo, uomini e donne. Un testo che a nostro avviso è di singolare, forte bellezza.
Leggere:
SIAMO NOI SEMPRE di Angelo Siciliano Noi siamo quelli che fummocacciagione scampata alle traversieeredi della vita che sopravanzaagli anfratti franosi di tufola salagione ad asciugare alla perticaserbiamo da sempre nel cuorela pseudosimbiosi che ci legaancora ai suini e agli asiniai galli che cantano nei condominicui fu già tirato il colloper il rito della trebbiatura.Siamo noi i muli mansueticarichi con sporte d’ortaggio covoni e la stanchezza accumulatadecotto di papaveri sapidonegli occhi della lunai licantropi le janare la civettadi questa terra generosa d’arancialloro violacciocche rosmarinoil grido stentoreo sconvolgentedal castello in cima a tuttoi vicoletti desolati di pulcial tanfo insopportabile d’orina.Siamo sempre noi i sassi squadratilo scarso cemento la calce e la pagliache sopportammo tanti terremotisenza deflettere dalla linea tracciatache prendemmo le donne tra gaggiefiorite ed oleandri per essereposseduti sempre artefici d’un destinoche comunque ci sfugge la storiadi navi salpate la spugna di linguedi genti che ci invasero nei secolidi razze che ci permearono.Krotone, 1991 (inedito).