L’ALBERO DELLA VITA

Retrospettiva di Othmar Winkler presso il Centro di Documentazione Luserna

Luserna, piccolo paese degli Altipiani tra pascoli e boschi dove sono anche Folgaria e Lavarone, è nota per la sua peculiarità di minoranza linguistica: i suoi abitanti parlano il cimbro, antica lingua germanica. È l’isola germanofona più meridionale. Ha un proprio museo, il Centro Documentazione Luserna, nelle cui sale sono esposti la storia cimbra, alcuni aspetti della flora e della fauna locali, il lavoro nelle malghe, scene della Grande guerra e costumi austroungarici dell’Ottocento. Nei locali a pianterreno del suddetto Centro, l’11 giugno 2004, s’inaugurava la retrospettiva di Othmar Winkler (Brunico 1907 – Trento 1999), artista tedesco sud-tirolese, che scelse Trento come luogo per viverci con la propria famiglia e creare la sua arte. La mostra rimarrà aperta sino a novembre prossimo ed è arrivata da Milano, dove era stata ospitata presso la Galleria Lazzaro by CORSI, che l’aveva prodotta in collaborazione col Centro Documentazione Luserna.È una mostra che, oltre a sculture in bronzo, in cui Winkler seppe liberare in modo magistrale il suo grande estro creativo, accoglie anche sculture in legno,

 acquarelli, disegni a china, a biro e terrecotte. Sono opere che danno l’idea dell’immaginario winkleriano, che si alimentava di storia e cultura, anzi di culture, tra cui quella popolare che assume un ruolo predominante. Egli era portatore della cultura tedesca ma, da onnivoro qual era, subiva la fascinazione della cultura italiana e della civiltà mediterranea.Emblema e titolo della mostra è L’albero della vita, dall’altorilievo in bronzo del 1977 (cm 96x54x10), dalla forma singolare che, nella ridotta riproduzione in catalogo, pare un pugnale senza manico con la punta tronca. Riporta un’articolata scena simbolicamente espressionista con querce, il sole e sei figure umane in posture d’amore, di vita e di morte.

Un senso gotico popolare pervade questa e altre opere, come quelle prodotte per la committenza pubblica, talvolta con una ruvidezza estetico-plastica che è anche indice della scontrosità del Winkler artista, personaggio spesso osteggiato in vita, al punto da fargli definire i dirigenti democristiani d’allora “demoni cristiani”, e sudare le sette camicie, e non solo quelle, per riuscire ad incassare il corrispettivo di un’opera prodotta per una committenza clericale, che lui aveva avuto l’ardire di decorare con un simbolo ideologico di sinistra.

Conoscevo personalmente Othmar Winkler.

Ricordo una confidenza di Gualazzi senior, fondatore della Galleria “Il Castello” di Trento. Si era negli anni Ottanta e, in occasione di una personale di Winkler in questa Galleria, quando si trovava ancora sul Teatro Sociale, in via Oss Mazzurana, appunto il signor Gualazzi mi riferiva della borghesia trentina scandalizzata a causa di un’opera colà esposta, un Cristo morto in bronzo, con un “bigol” così. Come se quella nudità integrale, solo perché del Cristo uomo, nell’estremo abbandono della mortalità terrena, non potesse che avere un’interpretazione se non esclusivamente dissacrante o blasfema agli occhi dei perbenisti e bacchettoni.

Di Winkler si può dire che ha vissuto con coerenza, fino in fondo, la sua vita di uomo e di artista. Senza il timore di tracannare l’amaro calice che la sorte assegna agli artisti autentici, che non temono di contaminare la propria arte con gli accadimenti del mondo.

Egli ha attraversato il Novecento e ha saputo leggere e rappresentare  i drammi dell’uomo.

Al di là di certi accostamenti ad altri artisti – Manzù, Messina, Minguzzi, Munch –, non si può non affermare che ogni sua opera non poteva che appartenere alla sua cifra stilistica e valenza poetica. Si badi bene: una poesia visiva, epica che si carica talvolta di rimandi surreali, come nei bronzi Toro con calabrone e Toro con scorpione.

Tante sue sculture sanno cogliere l’essenza della fatica e della durezza di vita e del lavoro degli uomini, immersi in un’aura d’atmosfera medievale.

Ha saputo essere multiforme, spaziando dal sacro al profano, al pagano non ponendo paletti alla propria creatività.

I suoi esseri del bosco e le sue creature faunesche e satiresche danno vita ad esseri mitici che accomunano la favolistica nordica a quella mediterranea.

Nei disegni e negli acquarelli rivivono reminescenze d’orripilanti figure druidiche, con occhi iniettati di sangue o di fuoco.

Esseri arrivati da lontano, dal subconscio individuale e collettivo, che l’arte di Winkler ha saputo evidenziare o materializzare.

 

 

Catalogo

  • Testi: Luigi Nicolussi Castellan, sindaco di Luserna; Luigi Marsiglia e Massimiliano Castellani.
  • Ricco apparato iconografico di Claudio Tessaro; fotografie di Hugo Muñoz.
  • Progetto grafico e stampa a cura D. P. G. PUBBLICITÀ S.R.L. (MI).

 

            Zell, 20 luglio ’04                                         Angelo Siciliano