Sono ormai diversi anni che il FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, fondazione nata nel 1975, impiega le sue energie per il recupero, la tutela e la gestione di beni architettonici e ambientali con l’obiettivo di salvarli dal degrado e dall’abbandono o peggio dalla distruzione, per offrirli alla fruizione da parte del pubblico. Il FAI riceve in affidamento i beni dai privati e, dopo averli recuperati, li gestisce senza fine di lucro. I fondi che raccoglie attraverso le quote degli associati, le donazioni e le sponsorizzazioni non raggiungono, purtroppo, quasi mai la cifra necessaria per tutte le manutenzioni ordinarie e straordinarie di cui necessitano i beni in gestione che sono molte decine, sparsi in tutte le regioni d’Italia.L’immobile più importante che il FAI gestisce in Trentino è il Castello di Avio, che si trova a Sabbionara d’Avio, noto per la sua sagoma bianca e gli affreschi medievali.

In Piemonte tiene aperti al pubblico il Castello della Manta e quello di Masino. In Liguria ha la splendida Abbazia di San Fruttuoso. In Lombardia ha a disposizione tre ville, Menafoglio Litta Panza, Villa della Porta Bozzolo e quella del Balbianello, oltre al Monastero di Torba e Castel Grumello. In Toscana ha il Teatrino di Vetriano, in Campania la Baia di Ieranto, a Massa Lubrense, e in Sicilia il Giardino della Kolymbreta.

Ha in affidamento tanti altri gioielli dell’arte, dell’architettura e della natura solo in apparenza d’importanza secondaria rispetto ad altri, e sono distribuiti nel territorio urbano, rurale o costiero del nostro Paese. Sono di prossima apertura al pubblico il Parco “Villa Gregoriana” a Tivoli (Roma) e la Casa Necchi Campiglio a Milano. Quella del FAI è un’opera meritoria unica, riconosciuta dalle più alte Istituzioni statali italiane. Si può aiutare il FAI diventandone socio o rinnovando la tessera, acquistando gadget nei suoi punti vendita, partecipando agli eventi che organizza, versando un contributo per un restauro, diventandone volontario, facendo ad esso una donazione o un lascito testamentario.Nei giorni 21, 22 e 23 marzo 2003 il FAI ha organizzato l’XI Giornata FAI di Primavera in ben 180 città italiane, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui beni artistici e paesaggistici del nostro Paese. 

Villa Bortolazzi all’Acquaviva di Mattarello (foto FAI).

Ben 380 beni, di solito tenuti chiusi durante l’anno, sono stati aperti al pubblico che ha potuto ammirarli, con visite guidate da esperti e storici dell’arte.

Nella nostra regione operano due Delegazioni FAI: una a Trento e l’altra a Bolzano. Quella di Trento, che alla fine del 2002 ha superato i 600 iscritti, è guidata attualmente dalla prof. Giovanna degli Avancini, mentre in passato è stato il dott. Gios Bernardi che ha fatto da motore e volano culturale per far crescere il FAI.

Per l’11^ Giornata FAI di Primavera a Trento si è organizzata l’apertura, alle diverse centinaia di visitatori, della Villa Bortolazzi all’Acquaviva di Mattarello, mentre la Delegazione di Bolzano si è fatta carico dell’apertura dell’Abbazia Muri-Gries di Bolzano.

Villa Bortolazzi all’Acquaviva

Hanno fatto da guida a Villa Bortolazzi gli storici dell’arte dott. Ezio Chini, il prof. Pietro Marsili e il dott. Nicola Artini coadiuvati da alcuni studenti del Liceo “Prati” e della facoltà di Lettere di Trento, ed alcune guide dell’Associazione Guide e Accompagnatori Turistici del Trentino.Villa Bortolazzi è una delle splendide ville trentine, caratterizzata da un rapporto molto armonioso tra architetture esterne ed interne, che merita almeno una visita da parte di chi ama il bello.Non più abitata, prende il suo nome dalla famiglia che la edificò e che si era arricchita con la produzione e il commercio della seta, i Bortolazzi di origine veneta. Il capostipite Giuseppe, proveniente da Asolo, acquisì la cittadinanza trentina nel 1617 e divenne cavaliere del Sacro Romano Impero nel 1647. Il titolo comitale fu conferito alla famiglia nel 1702.Nel 1650 i Bortolazzi acquistarono l’Acquaviva dai Borellini. Il toponimo è dovuto al fatto che in quel luogo sgorga da secoli “la nobil sorgente, o Scaturiggine dell’Acqua viva”.Il maso signorile, esistente all’atto dell’acquisto, fu ristrutturato nel penultimo decennio del 1600 e la parte residenziale fu edificata verso il 1720 Lo stile è lombardo. Lo si evince dalla linearità prospettica di tutta la costruzione. L’edificio padronale ha un corpo allungato da est verso ovest, al quale s’innestano ali meridionali che si protendono verso la corte d’onore.La villa ha splendidi affreschi, opera di diversi artisti che li eseguirono in epoche differenti.Il trentino Antonio Gresta, verso il 1720, affrescò la Cappella, la Sala dell’Eneide, quella della Sapienza e il Salone con l’Allegoria del Sole e delle Stagioni, come pure eseguì la partitura architettonica della facciata settentrionale, che col tempo è andata quasi perduta.Altri artisti, rimasti finora sconosciuti, realizzarono gli affreschi della Sala dell’Alcova e della Sala della Carità.

 A. Siciliano, Statue a Villa Bortolazzi 1999 (disegno).

Il modenese Domenico Romani avrebbe eseguito, verso la metà del Settecento, gli affreschi con le quadrature geometriche rococò, con l’artificio del trompe l’oeil, simili a quelle di Palazzo Bortolazzi a Trento.

La villa, con l’estinzione del casato dei Bortolazzi nel 1850, a seguito della morte del conte Bartolomeo (1761-1850), fu ereditata dalla figlia di costui, Adelaide, coniugata Fogazzaro. I successivi eredi la vendettero negli anni Ottanta del Novecento.

Una volta essa era collegata con il resto della proprietà, le case coloniche e la filanda, ma oggi ne è separata a causa della Strada Nazionale che collega Trento e Rovereto.

Il terreno attorno alla villa fu sistemato con due terrapieni, perché in leggero pendio. In quello superiore si trova il giardino all’italiana, che è suddiviso in due parti. Quella più suggestiva è la corte d’onore, adiacente alla villa, circondata da statue barocche a soggetto mitologico e allegorico. L’altra, più meridionale, è alberata con quattro file di tassi potati a forma conica e comprende un padiglione settecentesco, eretto sul luogo della “nobil sorgente”, la cui acqua fluisce ancora nel pozzo sottostante.

Nel terrapieno inferiore c’è il giardino all’inglese e le specie vegetali sono sistemate con una certa libertà.

Esistevano nell’Ottocento due peschiere circolari, abbandonate dopo la rettifica del corso del fiume Adige che le alimentava.

Nella villa trovarono ospitalità grandi personalità che influenzarono alcuni eventi della storia d’Europa.

Tra il 1702 e il 1706 vi fu ospitato Eugenio di Savoia, comandante dell’esercito austriaco che, nel 1701, riportò una vittoria provvisoria contro i francesi, comandati dal principe di Vaudémont, due anni prima che essi invadessero il Trentino con il nuovo comandante generale Vendôme.

Nel 1796 vi alloggiò Napoleone Bonaparte.

Durante le guerre napoleoniche vi fu ospitato il generale Baraguay d’Hilliers con sua figlia.

Nel 1915, per motivi strategico-militari, la villa rischiò di essere rasa al suolo da parte degli austriaci. Nel 1916 l’arciduca ereditario Carlo d’Asburgo, l’ultimo e sfortunato imperatore di casa d’Austria, la scelse come sede del suo comando.

 

Scheda del FAI

 

·         Il FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, è una fondazione senza scopo di lucro creata nel 1975.

·         Finalità: salvare dall’abbandono e dalla distruzione, recuperare, restaurare, tutelare e gestire beni architettonici e ambientali ubicati in tutte le regioni italiane, per offrirli alla pubblica fruizione.

·         Attività: si articola attraverso le Delegazioni provinciali con inaugurazioni di beni restaurati, conferenze, concerti, visite a mostre, ai beni di proprietà di privati, resi disponibili per particolari occasioni, ai beni gestiti direttamente dal FAI, viaggi culturali, convezioni con editori, ecc.

·         Sede nazionale: Milano.

·         Periodico d’informazione: il notiziario del FAI.

·         Presidente nazionale: contessa Giulia Maria Mozzoni Crespi.

·         Responsabile della Delegazione di Trento è la prof. Giovanna degli Avancini.

 

*Uscito sulla rivista trentina Rene & Salute nel 2003.

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