Il Codice Vanga Una piccola mostra molto interessante, a Torre Vanga, ci ha restituito la storia di Federico Vanga, principe vescovo di Trento dal 1207 al 1218, e del suo governo, grazie al suo cartulario. Da novembre 2007 a marzo 2008 si è tenuta, in Torre Vanga a Trento, chiamata sin dal Medioevo “de Wanga” e riaperta al pubblico dopo un lungo e meticoloso restauro, una mostra incentrata sul Codex Wangianus, conosciuto in passato come “Libro di S. Vigilio”, vescovo e santo patrono di Trento (Roma c. 364 – martire in Val Rendeva 405), fatto compilare da Federico Vanga, principe vescovo di Trento dal 1207 al 1218. Di Federico Vanga non si conoscono né l’anno di nascita né i suoi studi, ma nel 1197 è canonico del capitolo della cattedrale di Augusta e poi decano della cattedrale di Bressanone. È il 74° vescovo di Trento. Appartiene a una nobile famiglia dell’Alto Adige (Vanga/Wangen è una località a nord di Bolzano) imparentata con le famiglie più potenti dell’area alpina, tanto da essere definito “nostro consanguineo” dall’imperatore Federico II di Svevia, che nel 1213 lo nomina vicario imperiale per l’Italia settentrionale. Nel 1215 partecipa a Roma al IV Concilio lateranense.

Si adopera per consolidare l’importanza della chiesa del martire Vigilio, governa pacificamente il principato vescovile e accresce il decoro della città con diversi nuovi palazzi. Nel 1218 aderisce alla quinta crociata e si reca in Terrasanta, dove il 6 novembre muore ad Accon (San Giovanni d’Acri) ed è sepolto presso l’altare della chiesa di Santa Maria dell’ospedale degli Alemanni. La mostra è stata allestita dalla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia Autonoma di Trento, con la collaborazione del Museo Diocesano Tridentino, e, oltre al codice, erano esposti oggetti, documenti e manufatti che illustravano il periodo storico  di Federico Vanga. Di questo codice esistono differenti versioni: il Codex Wangianus Minor, che è l’originale illustrato e miniato, redatto a partire dal 1215, ingloba, in un’apposita sezione, col titolo Liber de postis montis arçentarie, la legislazione mineraria riguardante le miniere d’argento in Trentino; il Codex Wangianus Maior, che è una copia del primo, realizzata nel secolo successivo senza decorazioni e miniature, ma ampliata con circa 100 nuovi documenti redatti nel periodo in cui era vescovo di Trento Nicolò da Brno (1336-1347); altre quattro copie, di cui una frammentaria, realizzata sotto il vescovo di Trento Alberto di Ortenburg (1360-1390), e tre realizzate nel 1700; la prima edizione a stampa del 1852 curata dallo studioso tirolese Rudolf Kink; la nuova edizione, uscita nel 2007, a cura di Emanuele Curzel e Gian Maria Varanini, per la collana “Fonti” della Fondazione Bruno Kessler-Studi storici italo-germanici.

Il Liber de postis montis arçentarie tridentino, che è una sintesi del diritto romano e germanico, è un vero e proprio Codice minerario. Oltre che rivestire grande importanza nella storia del diritto minerario alpino, in quanto con l’investitura concessa nel 1189 dall’imperatore Federico I di Svevia al vescovo di Trento Corrado da Beseno, la Chiesa tridentina otteneva il privilegio delle regalie minerarie e cioè il diritto di sfruttamento delle miniere d’argento trentine, nonché la potestà legislativa, giudiziaria e fiscale in materia. Esso contende il primato ad analoghi regolamenti di Iglau e Kutna-Hora (Kuttenberg). La lettura del Codice minerario, in cui sono presenti termini tedeschi latinizzati, fa capire quanto fossero conosciute in Trentino le tecniche minerarie germaniche, perché accanto a imprese minerarie locali operavano minatori stranieri, giunti da varie aree di lingua tedesca, come concessionari di miniera, scavatori, addetti al trattamento dei minerali e fonditori. Tutta la normativa era rivolta all’estrazione dell’argento, metallo prezioso, che, una volta raffinato, era confezionato in pani e destinato al conio delle monete metalliche. Dalla fine del XII secolo e nei primi decenni di quello successivo, l’area più interessata all’estrazione del minerale, la galena argentifera o solfuro di piombo, fu l’altopiano del Calisio, situato a nord-est di Trento, dove sono ancora ben visibili gallerie e pozzi di estrazione. I canòpi, minatori, dal tedesco Knappen, scavavano dalla roccia calcareo-arenacea con punta e mazza il minerale, che veniva triturato, separato, lavato e fuso in forni alimentati a legna o a carbone di legna. Sul minerale estratto e sull’argento puro erano versati al principe vescovo i tributi fissati nel Codice minerario.

Il Codex Wangianus Minor conservato nell’Archivio di Stato di Trento, che ha sede nel palazzo dell’ex Collegio dei Gesuiti, è ritenuto uno tra i più rilevanti monumenti del Medioevo alpino. È un cartulario, vale a dire un volume, che accoglie i documenti comprovanti le prerogative e i diritti del principato vescovile, con l’obiettivo della propria tutela e di quella dei sudditi. Fu fatto redigere dal principe vescovo Federico Vanga, che ebbe a cuore il problema dell’arte del governare con rettitudine e giustizia, la ricerca della mediazione, la definizione delle forme giuridiche nel rispetto dei principî per assicurare certezza e continuità nel tempo alla civile e pacifica convivenza. E per diventare tutto questo, il Codex Wangianus fu compilato e integrato a mano, sotto diversi principi vescovi in alcuni decenni, circa 60 anni, da diversi notai, una ventina circa, ciascuno con il proprio stile di scrittura, dato che la stampa non era ancora stata inventata (sarà von J. G. Gutenberg, 1394-1468 c. Magonza, tipografo tedesco, considerato l’inventore dei caratteri mobili e del torchio tipografico, a perfezionare e diffondere i nuovi mezzi di stampa).

Il notaio, nel XII secolo, si avvia a diventare un libero professionista. Assume un ruolo fondamentale a riguardo della documentazione del Medioevo in Italia. Rispetto ai secoli precedenti, si diffonde non solo la produzione di documenti scritti e la loro conservazione, ma viene riscoperto il diritto romano. Per le tecniche di scrittura, si rinuncia alle forme corsive per adottare forme di scrittura eleganti e comprensibili, le medesime adoperate per i libri. Il notaio ha abilità grafiche, conoscenze giuridiche, culturali e l’autorizzazione (fides publica) da parte di un’autorità a produrre documenti validi. Il suo metodo gli consente prima la redazione di chartae, cioè la stesura di una minuta con le informazioni principali, e successivamente quella di instrumenta, un testo ridotto, detto imbreviatura, in cui è sintetizzata la sostanza dell’atto giuridico senza le relative formule, e riportato in un registro privato detto “registro delle imbreviature” o “protocollo”.

Il Codex Wangianus Minor contiene diverse miniature e, relativamente a quella della pagina iniziale, è ipotizzabile la mano di un artista della Germania meridionale formatosi nella tradizione della pittura tardo-romanica.

Nell’aria di confine come quella trentina, coesistono forme documentarie d’ambito notarile italiano, d’area religiosa germanica e d’ambito regio o imperiale sulla falsariga dei documenti con sigillo, posto in calce al documento, per attestarne autenticità e contenuto.

I documenti dell’episcopato tridentino, a partire dal XII secolo, si uniformano all’instrumentum publicum di tipo italiano.

Il Codex Wangianus Maior si compone di 260 fogli di pergamena senza illustrazioni e fu trascritto con scrittura fluida dal notaio boemo Corrado Greusser, membro della cancelleria episcopale tridentina, utilizzando le “minuscole cancelleresche” introdotte a partire dal 1200. Il Greusser trascrisse prima gli aggiornamenti, vale a dire i documenti che si riferiscono al vescovo in carica e i diplomi imperiali trascurati da Federico Vanga, e poi copiò il Liber Sancti Vigilii, ovvero il Codex Wangianus Minor. Dopo la trascrizione di tutti i documenti, tra il 12 agosto 1344 e il 19 aprile 1345 passò alla loro autenticazione coadiuvato da tre notai di Trento. Purtroppo la rilegatura non rispettò l’ordine di trascrizione e il cartulario risulta poco comprensibile. Furono fatte aggiunte successive di altri documenti non autenticati, negli spazi liberi dei fogli.

Il Codex Wangianus Maior fu tra il materiale trafugato e disperso, probabilmente, durante l’occupazione francese di Trento del 1796. Nel 1827 fu donato da un privato alla biblioteca del Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck, dove attualmente si trova conservato.

Torre Vanga è tra le grandi opere fatte realizzare da Federico Vanga a guardia dell’antica “Porta bresciana” chiamata poi “Porta di S. Lorenzo”, come l’abbazia di origine benedettina, tuttora esistente, che si trovava all’altro capo del ponte sul fiume Adige che allora era navigato. Nell’Ottocento il fiume sarebbe stato deviato sotto il Doss Trento, non più navigato e allontanato dall’abitato della città. In questo modo non avrebbe più lambito neanche Torre Verde, tuttora esistente a ovest del Castello del Buonconsiglio.

Torre Vanga nei secoli ha subito molte trasformazioni e nell’Ottocento è stata adibita a carcere. Lo testimoniano diverse iscrizioni dei detenuti, accompagnate da disegni, datate tra il 1814 e il1881.

Il Codex Wangianus Minor è stato restaurato a Roma, nel 2005-2006, da un’equipe del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro degli Archivi di Stato, grazie a un accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Archivio di Stato di Trento e la Fondazione Bruno Kessler (ex Istituto Trentino di Cultura). A finanziare l’operazione sono stati il Consiglio della Regione Trentino Alto Adige/Süd Tirol, la Regione Trentino Alto Adige/Süd Tirol, il Gruppo ITAS Assicurazioni e la ditta Trasporti Tomasi Art. (Questo articolo, scritto per la rivista trentina “Judicaria”, è nel sito www.angelosiciliano.com).

 

Catalogo

  • Testi di Luciana Chini, Emanuele Curzel, Michela Cunaccia, Laura dal Prà, Domenica Primerano, Vito Rovigo, Iginio Rogger e Marco Stenico. Oltre al Codex Wangianus, è riportata la storia di Federico Vanga, di Torre Vanga e della residenza del principe vescovo.
  • Ricco apparato iconografico a cura di Maria Ballin e Roberto Paoli.
  • Schede: 23 sono di Emanuele Curzel con riproduzione di documenti; 6 sono di Domenica Primerano con oggetti del Museo Diocesano.
  • Stampato nel novembre 2007 da Publistampa Arti Grafiche, Pergine Valsugana (TN), per la Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia Autonoma di Trento.
  • Prezzo € 12.

 

                                Zell, 15 aprile 2008                                                                          Angelo Siciliano