Prete e scienziato tra Ottocento e Novecento,

collezionista e pioniere della Cooperazione trentina.

La vita di don Luigi Baroldi.

Il primo luglio 2005, con un’articolata serata culturale, organizzata dal Gruppo culturale “Fiavé – Lomaso – Bleggio”, si concludeva a Fiavé la serie di iniziative, partita nel 2004, per celebrare il centenario della morte di don Luigi Baroldi. La più importante di esse era stata sicuramente il convegno dedicatogli il 19 e 20 novembre 2004, i cui lavori si erano tenuti il primo giorno presso il Museo Civico di Riva del Garda e il secondo presso l’Istitut Cultural Ladin di Vigo di Fassa. Il giudicariese don Luigi Baroldi, figura complessa e poliedrica di prete e scienziato, i cui interessi abbracciano le Scienze naturali, come la paleontologia e la geologia, il collezionismo di minerali e di fossili, la divulgazione giornalistica, le Scienze sociali quali la filantropia, l’archeologia, le tradizioni popolari, la storia, la politica e la cooperazione, nasce a Fiavé il 15 marzo 1853, da Filippo e Margherita Benini. Rientra in quella schiera di sacerdoti trentini illuminati che, a partire dal 1600, hanno contribuito, con i loro studi, ricerche e pubblicazioni, a diffondere le conoscenze in vari settori culturali.

Dopo gli studi presso il Seminario Vescovile di Trento, è ordinato sacerdote il 18 luglio 1875 e, dato che ha solo 22 anni, chiede e ottiene la dispensa papale per poter celebrare messa prima del compimento dei 25 anni, età canonica per i sacerdoti.

È inviato a Vigo di Fassa, dove è nominato cooperatore e nel 1876 è designato “cappellano esposto”, vale a dire aiutante esterno del parroco, a Penìa di Fassa, dove rimarrà fino al 1880.

Appassionato di montagna, la Val di Fassa rappresenta per lui “L’eden dei geologi” e “L’Eldorado dei mineralogisti”. Vive in un’epoca in cui è in gran fermento lo studio delle Scienze naturali, grazie a studiosi come Ambrosi, Bertolini, Bonomi, Betta, Bezzi, Bosin, don Giacomo Bresadola, i Canestrini e i Corbelli, Halbherr, Gelli, Giacomelli, Gilli, Loss, Marchi, i Perini, don Porta, Riccabona, Sardagna, Sordeau e Venturi.

Compie ricerche sul campo, si forma sui testi di importanti studiosi, uno dei quali è Richthofen, e fa escursioni coi professori Klipstein e Vacek, direttore quest’ultimo dell’Istituto Geologico di Vienna.

Nel 1881 pubblica “Schlern dolomitico” nell’Annuario degli Alpinisti Tridentini, e poi si dedica ad uno studio meticoloso della Val di Fassa pubblicando nel 1890 “Fra le rupi di Fassa – 4 settimane di escursioni in omaggio di Leone XIII”, in cui descrive i luoghi della valle in cui è possibile trovare i minerali più rari.

Il clero trentino regala a Papa Leone XIII, in occasione del suo Giubileo, una splendida raccolta di minerali di don Baroldi, di cui però non risulta traccia nei Musei vaticani.

Nel 1880 lascia la Val di Fassa ed è nominato vicario curaziale di Ballino, presso Fiavé, per assistere il padre malato. Nel 1884 diventa curato a Campi di Riva, dove si prodiga nella diagnosi e cura di una terribile epidemia di tifo che affligge in quel periodo gli abitanti del paese.

È insegnante di tedesco, oltre che appassionato cacciatore e adopera un roccolo presso Campi. Possiede anche un cane da tartufi.

Gli ultimi anni della sua vita li dedica alla raccolta di fossili presenti a Campi di Riva, Pranzo e Ballino.

Sull’esempio di quanto va facendo don Lorenzo Guetti (1847-1898), giudicariese pure lui ma di Vigo Lomaso, padre fondatore della cooperazione trentina, e ispirato dallo spirito nuovo d’apertura in ambito sociale dell’enciclica di Leone XIII “Rerum Novarum” del 1891, don Baroldi si fa promotore nel 1897 dello Statuto della Cassa Rurale di prestiti e risparmio di Tenno e Riva. Il 26 aprile 1902 fonda la Cassa Rurale di prestito e risparmio di Pranzo, e ne diviene presidente. Nello stesso giorno fonda la Famiglia Cooperativa di Pranzo, assumendone la vicepresidenza. Qualche critica gli viene mossa per questa sua concentrazione di cariche e il conseguente rischio di condizionamento delle attività economiche del paese.

Nel 1893 pubblica l’opuscolo “Memorie di Fiavé e delle Giudicarie”, in cui parla delle palafitte di Fiavé e fa riferimento agli studi dello svizzero Ferdinand Keller, presidente della Sociétè des antiquaires de Zurich, il primo a fare l’ipotesi che i pali emersi dalle acque del lago di Zurigo nell’inverno 1853-1854 altro non sono che le fondazioni di capanne erette sull’acqua. Anche se Baroldi ipotizza che le palafitte fiavetane altro non erano che una difesa contro gli animali feroci, ipotesi smentite dagli scavi intrapresi a partire dal 1969, il suo interesse e la divulgazione di questo sito archeologico permangono tuttora in tutta la loro importanza.

Col suo opuscolo del 1902 “Le teorie dell’evoluzione – Lettere ad un allievo studente universitario” è il primo serio oppositore locale alla teoria evoluzionista di Charles Darwin (1809-1882), dopo che l’altro trentino, lo scienziato Giovanni Canestrini (1835-1900), a partire dal 1877 inizia a commentare, tradurre e pubblicare le opere darwiniane. La sua opposizione, come quella di un altro sacerdote e scienziato, il lombardo don Antonio Stoppani (1824-1891), si motiva con l’antitesi tra evoluzionismo e dogma cattolico, e la preoccupazione che il primo si diffonda a scapito del secondo.

È eletto deputato alla Dieta di Innsbruck, dal 1900 al 1904, in rappresentanza del circolo di Rovereto.

Muore a Pranzo il 12 aprile 1904 per emorragia cerebrale, ed è sepolto a Fiavé.

Le sue raccolte sono suddivise tra il Museo di Riva del Garda e il Seminario Arcivescovile di Trento.

La prima guerra mondiale, dato che Riva si trova sulla linea del fronte, disperde parte del materiale raccolto da don Baroldi. Ciò che si salva dalla dispersione, è unito con i minerali della collezione della signora Viebig, che il comune di Riva aveva acquistato dagli eredi, ed entra a far parte della “Collezione Viebig-Baroldi”, che costituisce una splendida raccolta di minerali locali, ma anche degli altri territori dell’Impero austroungarico.

Anche la collezione di fossili di don Baroldi è notevole e comprende reperti del Trias, del Giurese e dell’Era terziaria.

             La serata di Fiavé.

 La serata presso il Teatro parrocchiale di Fiavé inizia con la presentazione al numeroso pubblico convenuto di un’opera pittorica di Loretta Tomasi, un dipinto acrilico su tavola che ritrae don Baroldi.

Viene poi proiettato un documentario di Mario Zattera sulla vita di don Baroldi, realizzato su testi di Graziano Riccadonna.

Inizia gli interventi Graziano Riccadonna che illustra la figura eclettica di don Baroldi, per il quale l’interesse scientifico era connaturale alla missione sacerdotale, ed elenca i diversi campi di cui si è occupato con competenza e passione. Un personaggio eccezionale, i cui meriti sono riconosciuti più oggi che ai suoi tempi, capace d’essere antropologo e filantropo, e di occuparsi d’economia solidale per alleviare le misere condizioni della gente meno fortunata.

Segue l’intervento di Donato Riccadonna che con Luca Bronzini ha scritto “Appunti di viaggio. Itinerari nell’Ecomuseo della Judicaria dalle Dolomiti al Garda” che sarà presentato il successivo 15 luglio.

Il sindaco di Fiavé, Nicoletta Aloisi, oltre che parlare del concittadino don Baroldi, si sofferma sulle iniziative intraprese sul territorio, tendenti a valorizzare e tramandare fatti, vicende e personaggi locali.

Dopo la direttrice della Biblioteca di Riva del Garda, Federica Panizza, che parla delle pubblicazioni di don Baroldi, fa il suo intervento Arrigo Guella, medico e archeologo che ha scavato l’insediamento retico di Monte S. Martino. Riferisce che don Baroldi era in contatto con dei professori d’Innsbruck e Vienna. Alla Dieta d’Innsbruck era in discussione la questione dell’annessione della Val di Fassa a Bolzano e don Baroldi, che ne era un accanito oppositore, contribuì all’accantonamento di tale iniziativa.

Il tifo a Campi era diffuso dal fiume Lagamella, fortemente inquinato; non vi era alcuna medicina contro il germe infettante, contenuto sia nel cibo che nell’acqua. Fondamentale fu l’opera di don Baroldi per arginare l’epidemia che provocò tuttavia 41 vittime di tutte le età, pari al 10% degli abitanti del paese.

Dopo il consigliere provinciale Roberto Bombarda, che dà anche lui un contributo alla conoscenza di don Baroldi, chiude gli interventi Margherita Cogo, vicepresidente della giunta provinciale, che pone l’accento sul fatto che don Baroldi era una persona che non si accontentava, non si rassegnava alle grame condizioni di vita cui la gente era costretta alla fine dell’Ottocento. Insomma andava raggiunto un minimo di benessere anche in terra, facendo leva sulla coesione sociale: per don Baroldi era importante occuparsi delle anime, ma nella giusta misura anche dei corpi alleviandone il disagio materiale. Si sofferma poi sul fatto che la Provincia Autonoma di Trento ha favorito l’istituzione dell’Ecomuseo, Museo delle Palafitte di Fiavé, ma è fondamentale a questo punto il coinvolgimento di tutti i sindaci dei paesi del Lomaso e del Bleggio.

A conclusione della serata, i presenti sono invitati e guidati nella visita dei percorsi espositivi del Museo di Fiavé.

 

            I due libri per don Luigi Baroldi.

 

I due libri pubblicati per celebrare don Baroldi sono: “Luigi Baroldi nel suo tempo – Convegno 19-20 novembre 2004”, a cura di Fabio Chiocchetti e Graziano Riccadonna, edito a cura dell’Istitut Cultural Ladin; “Luigi Baroldi – Prete scienziato tra Ottocento e Novecento” di Graziano Riccadonna, per conto della Biblioteca Civica e del Museo Civico di Riva del Garda, edito dal Comune di Riva del Garda.

Il primo volume, di 128 pagine, illustrato con foto e riproduzioni di documenti d’epoca, contiene gli atti del convegno dedicato a don Luigi Baroldi. Gli interventi dei relatori sono raggruppati per giorno d’intervento. Quelli di Riva del Garda, il cui tema è “Tra archeologia, scienze naturali e collezionismo: Baroldi nella cultura del suo tempo”, sono cinque: Giovanna Nicoletti, Introduzione ai lavori; Gino Tomasi, Luigi Baroldi e l’evoluzionismo; don Vittorio Cristelli, I preti divulgatori dell’Ottocento. Clericalismo o servizio di supplenza?; Franco Marzatico, Don Luigi Baroldi e la scoperta delle palafitte di Fiavé; Arrigo Guella, L’epidemia di tifo a Campi nel 1894.

Gli interventi a Vigo di Fassa, il cui tema è “Tra storiografia, alpinismo e politica: Baroldi e la questione nazionale”, sono sei: Fabio Chiocchetti, Introduzione ai lavori; Luciana Palla, La “questione nazionale” tra Ottocento e Novecento; p. Frumenzio Ghetta, Don Luigi Baroldi e la “questione fassana”; Fabio Chiocchetti, Don Luigi Baroldi tra scienza e ideologia; Graziano Riccadonna, Il curato di montagna giornalista; Federica Fanizza, Tra scienza e fede. Luigi Baroldi bibliografo.

Il secondo volume, di 180+34 pagine, è corredato da diverse foto, illustra la figura di don Luigi Baroldi nella sua multiforme attività di paleontologo, antievoluzionista, curato di montagna, filantropo, storico, politico, giornalista e collezionista. È frutto di una lunga ricerca bio-bibliografica, attenta e meticolosa di Graziano Riccadonna, per restituirci dalla dimenticanza, facendolo riaffiorare dalle nebbie del passato e della storia, un personaggio unico ed emblematico che ha dato un contributo formidabile alla crescita culturale del Trentino di fine Ottocento, e ha saputo produrre frutti anche nel Novecento.

Il libro, oltre che essere corredato da tre apparati finali, riproduce in copia anastatica “La cosmogonia mosaica” di don Baroldi, edita nel 1901.

(Questo testo, scritto per la rivista trentina Judicaria, è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).

 

Zell, 24 aprile 2006                                                     Angelo Siciliano