LA POESIA CHE SI FA IN IRPINIA
A proposito di un premio di poesia a San Potito Ultra
Parafrasando La poesia che si fa, titolo di un libro postumo di critica e storia poetica in Italia del poeta e critico letterario Giovanni Raboni, Milano 1932-2004, intitolo questo articolo a riguardo della poesia che si fa in Irpinia. In verità, quando si vive fuori da troppo tempo come il sottoscritto, di essa – ma anche del resto – non si conosce molto e quel che si sa arriva attraverso qualche eco lontana della stampa locale o, qualcosa di più, attraverso internet, navigando qualche sito o interloquendo in qualche blog, dove però ci si imbatte sovente in versi lagnosi, la cui elaborazione formale lascia a desiderare. E poiché è risaputo che nelle arti, soprattutto in poesia, la forma è sostanza, se ne deduce che l’esternazione di sensazioni e sentimenti, argomentata in modo banale, è spesso esito delle personali problematiche psicosomatiche e difficilmente fa poesia.
M’era giunta notizia, qualche anno fa, della costituzione di un archivio della poesia meridionale in Alta Irpinia – in quel di Nusco – e in seguito me ne parlava con una qualche baldanza l’assessore provinciale di allora per competenza, Eugenio Salvatore. La debacle politica di quell’assessore prima, e della giunta provinciale poi, non avrà segnato, si spera, anche la sorte di quell’archivio, come sovente capita per il Meridione.
Intellettuali e poeti forniti di e-mail sono stati invitati da Angelo Verderosa, di Comunità Provvisoria di Sant’Angelo dei Lombardi, a scrivere versi per il 7 settembre 2008, Giornata di poesia, letteratura e arte, e a partecipare all’incontro per il Formicoso e per il Parco dell’Irpinia d’Oriente. Non ho cognizione di quel che si è prodotto poeticamente in questa occasione.
M’è capitato invece di presenziare, la sera del due settembre 2008, alla premiazione della Prima edizione del Premio Nazionale di Poesia “Poeti sotto le stelle” di San Potito Ultra, organizzata dalla locale Pro Loco. La cerimonia si tenne nel cortile del Comune, sotto un fronzuto tiglio, albergo notturno dei merli del paese, che arrivavano alla spicciolata all’imbrunire per nulla intimoriti dall’insolita presenza di diversa gente, né spaventati dalla lettura delle poesie premiate.
Apriva la serata Annamaria Gargano, nominata presidente della cerimonia seduta stante, cui seguivano gli interventi del sindaco Giuseppe Moricola, della presidente della Pro Loco, Gabriella Nazzaro, del presidente della giuria del premio Americo Tirone e la lettura dei testi delle poesie vincitrici e di quelle classificate sino al terzo posto con relativa premiazione degli autori. Anche ai concorrenti segnalati, accolti anch’essi nel libretto Poeti sotto le stelle, stampato per l’occasione, era consegnata una pergamena con Attestato di merito. Nel complesso, una cerimonia lineare e senza eccessi retorici. Ma certe esuberanze campanilistiche di qualche relatore, che con la cultura nulla hanno da spartire, di certo non aiutano a far a decollare la poesia e nemmeno il resto.
Per la cronaca si riportano i vincitori. Per la sezione adulti: 1° Gaetano Giardino (alias Aniello Russo); 2° Agostina Spagnuolo; 3° Paola De Lorenzo. Per la sezione giovani: 1° Alessandro Porfido; 2° Clara Balestrieri. Dieci le poesie segnalate e il primo dell’elenco è Fernando Antoniello; in più accolti i testi di altri 24 autori partecipanti al concorso.
Trattandosi della prima edizione del premio, pare che non vi sia stata la “ressa” dei poeti specialisti in poesia estemporanea dei concorsi.
E che dire della qualità e del livello dei testi evidenziati da questo concorso? La poesia dei concorsi di questo tipo, ormai si assomiglia a tutte le latitudini. Come linguaggio prevale il “poetese”: logoro assemblaggio di frasi fatte, frutto anche di reminiscenze scolastiche, e luoghi comuni. Non mancano poi il gusto per la filastrocca e un eccesso verboso di sensazioni e sentimentalismi, che però paiono far presa sui presenti alla cerimonia della premiazione, che, al momento cruciale della declamazione dei testi, non fanno mai mancare il loro caloroso applauso.
E, tuttavia, la poesia che più di tutte risarciva quella serata è un testo dialettale, Nicolina, di Fernando Antoniello. In essa sentimenti e vissuto contadino si fondono con un senso antropologico della cultura materiale. Ogni parola è pregna di sensazioni autentiche e rimandi, che la poesia in lingua ha smarrito da un pezzo. Eppure, il dialetto arcaico e il mondo che esso rappresenta – quello della civiltà contadina – stanno chiudendo il loro ciclo vitale con la scomparsa della retroguardia degli anziani dialettofoni. Si sta affermando un vernacolo immiserito dalla civiltà televisivizzata e dalla globalizzazione che ci frana addosso.
Poi, una notazione sulla viabilità locale mi pare doverosa. Anche se la poesia non si sposta su quattro ruote – ma i poeti sì, purtroppo, come gli altri cittadini – sono sicuramente da migliorare i raccordi stradali che si diramano dall’Ofantina, o a questa importante arteria stradale affluiscono dai paesi che s’affacciano in questa parte della valle.
A volte hanno il vezzo di partecipare ai concorsi di poesia anche i grandi poeti. Negli anni Ottanta del Novecento, Eugenio Montale, premio nobel per la letteratura, riferiva in un’intervista che talvolta si divertiva a inviare sue poesie anonime ai concorsi letterari che non vinceva mai. Chissà, ciò era dovuto al fatto – come scriveva Carlo Bo – che le poesie di Montale di quegli anni parevano “scritte in calce al vocabolario”!
Per concludere, mi sento di dire che per me, da qualche decennio, la poesia a livello nazionale è essenzialmente quella al femminile: Alda Merini, Patrizia Valduga, Patrizia Cavalli e Gabriella Leto, vincitrice, con la raccolta Memoria dell’acqua, del Premio Viareggio nel 1991, “soffiato” a Lo sdraiato di pietra di Elio Filippo Accrocca. (Questo testo, scritto per il Corriere-quotidiano dell’Irpinia, è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
Qui di seguito sono riportati, in ordine cronologico, dieci miei testi poetici ispirati all’Irpinia più quello dedicato a Giovanni Raboni.
DAUNIA IRPINA Le avrebbero inventate più tardile svendite di fine stagione:accaparramenti sconsideratibramosie di scialo.Ma la vita allora era segnata:non bastava il voto alle Mefitia scongiurare il colerala tisi per compagna fedelee importavano i nostri mietitorila malaria dal Tavoliere daunoo la dissenteria per vivandecontaminate dal ramedi qualche taverna sperduta.L’anofele sorvolava il tratturovampiro tra le aie a profittaredi braccianti abbandonatisi a Morfeodopo l’immancabile cunto serale.Erano zecche benedettecon le pecore abruzzesia primavera che risparmiavanonel rientro a Campobassole nostre greggi alle landedesolate sotto Castelfranco.Zell, 1991 - Angelo Siciliano
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DONNE DEL SUD Non dimenticatele le donne del Sudforti nell’afa estiva di basoliai duri barili sul capo irrigiditocol fiato gelato di Nataleche dagli uomini rudiincassavano gli scatti violentia impastare bambini di cretacarnosa alle grotte di tufo. Non scordatele come mammea serbare figli dalle angherie paterneche scalciavano la fame di tornoin giro ai falò di paglia a S. Giuseppeche sarmenti e rovi a fascineerano a sbiancare i forninei seminterrati di pece e l’effluvioper i vicoli di fragranza di pane. Sappiatelo ora per semprequelle madri le abbiamo attintealle falde profonde e bevutealle canne ombrose del solleonee ci hanno sfamato alle cariossidimagre dei loro volti di raccoltiarsi di vento alle romite colline. Esse rifiutano che la vita si fermie voi lo sapete, giovani figlie,che scorre linfa nelle vostre venedi palpitanti leganti di covonicon la certezza consolidatache nessuno potrà arrestarla: neanchel’alito vizioso di una civiltà involuta.Zell, 1991 - Angelo Siciliano (Dal blog di A. Verderosa) Da maria rosaria said, on Febbraio 27th, 2008 at 11:19 pm per angelo sicilianoho letto le tue poesie con molta attenzione.belle.“Donne del sud”…è una di quelle che ti porti dentro inconsapevolmente, che sono parte di te e giacciono nel profondo del tuo animo che qualcuno riesce mirabilmente a portare alla luce… e mentre la leggi senti che ti toglie il respiro, dà voce ad emozioni nascoste, ricordi lontani si riaffacciano alla memoria.., E’ struggente, intensa, violenta, antica…Complimenti…e grazie per le belle emozioni.
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CHE TEMPI Ci coprivamo a quei tempicon brache corte legate da spago.Da noi non passavano marinaima greggi, asini carichi di paglia.Quando le ragazzinenon facevano capolinoin un pantano che ci pareva lagogiocavamo agli zampilli:a chi lo faceva più lontano.Ci compiacevamo come Narciso.Che tempi!E chi se la immaginava la diaspora…Zell, 1994 - Angelo Siciliano
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HIRPUS HIRPINIAE S’involò l’Hirpus totemicoper le selve del Partenioallorché scese col brancola Lupa capitolinaa sottomettere e punire.Qui tra querce e castagnicon janare e mannarisi consolidò il mitoin un sogno dispersodi mammoni e folletti.Rivive di sottrazioninella bolla estemporaneadi passioni medianichenel cono d’ombra della storia.Zell, 14 febbraio 2003 - Angelo Siciliano
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CRETTO Il Sud che ritrovoun calanco esageratoche d’inverno scivolaal vallone e d’estatepiù ampia e arsaè la ferita e chiaral’argilla asciuttache s’apre in cretto.Zell, 25 aprile 2004 – Angelo Siciliano
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MALVEDERE Dove il calanco divorail cuore di terra della gentedei vivi e non più vivila civetta fa scura la seraal desolato crinale riarsosu uno smilzo olmo solitarioancora scampato alla folgoretra sterpaglie e non più stoppiee il gheppio non sa essere frenoallo spirito avverso che infieriscesui tetti del Trappetoche l’incuria ha tutti sfondatiuno a uno di notteeppure il bene oneri ulteriorida sopportare non avrebbeper un destino che scivola viadi cui non si è padronie di certo non è un bel vedere.Sperare di vivificare questi luoghiè come pensare di cancellare l’inferno.Zell, 13 settembre 2004 - Angelo Siciliano
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DI COSTA IN COSTA Di costa in costadi fratta in frattaallo scavalco di fossie forre ti ho cercatacome la sera abbrancala luna a farsi rischiararela notte l’auroraper essere diradata.La terra seccagna almenogemme di rugiada s’attende.I calanchi aspri ho ripercorsola danza del tubo penicoho accennatoma una letteratura senza lettereuna pittura di colori vuotauna poesia smunta d’energiapaiono prospettiveormai plausibili.Zell, 8 ottobre 2004 - Angelo Siciliano
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NEL BUIO OLTRE LE CANNE È un pensiero fissosugli ortaggi a crescerela civetta che stride,ma è un canto?Oltre il muro sfrangiatodi canne, la via senzaeffetti speciali, impercorribiledel buio fitto dove sonocoloro in oblio che osservanoche noi non vediamoe talvolta ci guidanoe li percepiamonei momenti cruciali:il senso lieve della carezzai brividi fitti per la schienanon provengono dal malignoma dall’appartenenza dov’èl’identità nostra sconosciutaavviluppata nel remoto caos.Montecalvo Irpino, 6 novembre 2004 - Angelo Siciliano
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FRATELLO CARNALE Ricreo la voce di nostro padree tu non intendi, rievocoil canto doloroso di nostra madrepresto le orecchie ti tappifratello di latte e di sangueche ti scorrono in corpoi geni borbonici e d’altridominatori di prima e dopole cicatrici crociate, le turcheimpalature, le praticheinfibulatorie. Tiri su casefratello, mattone su mattoneche altri si godranno come dimoree se il sisma improvvisonon le atterra, mina tuttaviail cemento dei ricordima nemmeno scalfiscel’humus omertoso nel desolatopaese infestato di fantasmibelve notturne avidi sciacalli.Ma quando la civetta cantafratello, non m’inorridisce piùe poi ti spiego gli OGM*che ormai più non siamo fratellie neanche compagni di strada.Zell, 21 novembre 2004 - Angelo Siciliano *Organismi geneticamente modificaticon le biotecnologie.
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SEMPRE IN BRACHE DI TELA IL SUD Sempre in brache di tela il Sudcol gelo o con la canicolao nella rugiada dei secoli senza memorianella munnézz o col benessere di plasticaasservito all’usanza degli arraffaconsensiche la malapolitica è radice possentein democrazia, spacciata per libertà individualenell’abbagliante messa a fuocodi tragedie annunciate e mai paventate.Non vi sono ciclabili ma solo galoppatoidel padrinaggio per la pletora di galoppinie di chi la fronte con orgoglio la conduce altacon la schiena dritta, s’insinuache ha le corna o è diventato matto. Mi accoglie – che strano! –una bora tiepida di fine maggio,l’assiolo tra i noci delle janaree un raro usignolo, lontano,quasi impercettibile oltre i campi aratinon ancora abbandonati. Qui anche la misericordiache non si sa più cosa siala si importa globalizzatadai paesi in via di sviluppo:vale di più ma come si dicevauna volta con meravigliacosta una pipa di tabacco.Montecalvo Irpino, 27 maggio 2008 - Angelo Siciliano
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OLTRE I RIFLETTORIPer Giovanni Raboni Vorrei vederti ora,Raboni di nome Giovanni,star della critica sui giornalichi più ti nomina senzalubrificati ingranaggicavalli di Troia o di Frisiaspecchietti d’allodoleche la qualità del versonon sempre pagaseppure stai nel Famedio mentore il Foscolo? tra innominati meneghinichissà piloti pur’essi di premie quant’altri inghippi plebei a me fu soffiato,forse pure ad altri,il Thiene ’94 e mi si disseper tua intercessione e la burocratica Morteè una congela poesie?E la tua, la tua poesiate la leggono adessoo il torto vigliaccote lo si rende giusto oggicon simulato coraggio?Ecco, io ti proporrei,Johannes cognomato Raboni,se tu hai un voto celatoproverei a sciogliertelocon circospetta cautela,alla mia vanità svaporata.Zell, 25 marzo 2005 Angelo Siciliano Giovanni Raboni (Milano 1932-2004) è stato poeta, critico letterario del “Corriere della Sera”, traduttore di testi e componente di giurie di premi letterari nazionali. Zell, 2 novembre 2008 Angelo Siciliano
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