LA POESIA CHE SI FA IN IRPINIA
A proposito di un premio di poesia a San Potito Ultra

Parafrasando La poesia che si fa, titolo di un libro postumo di critica e storia poetica in Italia del poeta e critico letterario Giovanni Raboni, Milano 1932-2004, intitolo questo articolo a riguardo della poesia che si fa in Irpinia. In verità, quando si vive fuori da troppo tempo come il sottoscritto, di essa – ma anche del resto – non si conosce molto e quel che si sa arriva attraverso qualche eco lontana della stampa locale o, qualcosa di più, attraverso internet, navigando qualche sito o interloquendo in qualche blog, dove però ci si imbatte sovente in versi lagnosi, la cui elaborazione formale lascia a desiderare. 

Qui di seguito sono riportati, in ordine cronologico, dieci miei testi poetici ispirati all’Irpinia più quello dedicato a Giovanni Raboni.

 

DAUNIA IRPINA
 
Le avrebbero inventate più tardi
le svendite di fine stagione:
accaparramenti sconsiderati
bramosie di scialo.
Ma la vita allora era segnata:
non bastava il voto alle Mefiti
a scongiurare il colera
la tisi per compagna fedele
e importavano i nostri mietitori
la malaria dal Tavoliere dauno
o la dissenteria per vivande
contaminate dal rame
di qualche taverna sperduta.
L’anofele sorvolava il tratturo
vampiro tra le aie a profittare
di braccianti abbandonatisi a Morfeo
dopo l’immancabile cunto serale.
Erano zecche benedette
con le pecore abruzzesi
a primavera che risparmiavano
nel rientro a Campobasso
le nostre greggi alle lande
desolate sotto Castelfranco.
Zell, 1991 - Angelo Siciliano
 

 

DONNE DEL SUD
 
Non dimenticatele le donne del Sud
forti nell’afa estiva di basoli
ai duri barili sul capo irrigidito
col fiato gelato di Natale
che dagli uomini rudi
incassavano gli scatti violenti
a impastare bambini di creta
carnosa alle grotte di tufo.
 
Non scordatele come mamme
a serbare figli dalle angherie paterne
che scalciavano la fame di torno
in giro ai falò di paglia a S. Giuseppe
che sarmenti e rovi a fascine
erano a sbiancare i forni
nei seminterrati di pece e l’effluvio
per i vicoli di fragranza di pane.
 
Sappiatelo ora per sempre
quelle madri le abbiamo attinte
alle falde profonde e bevute
alle canne ombrose del solleone
e ci hanno sfamato alle cariossidi
magre dei loro volti di raccolti
arsi di vento alle romite colline.
 
Esse rifiutano che la vita si fermi
e voi lo sapete, giovani figlie,
che scorre linfa nelle vostre vene
di palpitanti leganti di covoni
con la certezza consolidata
che nessuno potrà arrestarla: neanche
l’alito vizioso di una civiltà involuta.
Zell, 1991 - Angelo Siciliano
 
(Dal blog di A. Verderosa) Da maria rosaria said, on Febbraio 27th, 2008 at 11:19 pm
per angelo siciliano
ho letto le tue poesie con molta attenzione.
belle.
Donne del sud”…è una di quelle che ti porti dentro inconsapevolmente, che sono parte di te e giacciono nel profondo del tuo animo che qualcuno riesce mirabilmente a portare alla luce… e mentre la leggi senti che ti toglie il respiro, dà voce ad emozioni nascoste, ricordi lontani si riaffacciano alla memoria.., E’ struggente, intensa, violenta, antica…
Complimenti…e grazie per le belle emozioni.
 
 

 

CHE TEMPI
 
Ci coprivamo a quei tempi
con brache corte legate da spago.
Da noi non passavano marinai
ma greggi, asini carichi di paglia.
Quando le ragazzine
non facevano capolino
in un pantano che ci pareva lago
giocavamo agli zampilli:
a chi lo faceva più lontano.
Ci compiacevamo come Narciso.
Che tempi!
E chi se la immaginava la diaspora…
Zell, 1994 - Angelo Siciliano

 

HIRPUS HIRPINIAE
 
S’involò l’Hirpus totemico
per le selve del Partenio
allorché scese col branco
la Lupa capitolina
a sottomettere e punire.
Qui tra querce e castagni
con janare e mannari
si consolidò il mito
in un sogno disperso
di mammoni e folletti.
Rivive di sottrazioni
nella bolla estemporanea
di passioni medianiche
nel cono d’ombra della storia.
Zell, 14 febbraio 2003 - Angelo Siciliano
 

 

CRETTO
 
Il Sud che ritrovo
un calanco esagerato
che d’inverno scivola
al vallone e d’estate
più ampia e arsa
è la ferita e chiara
l’argilla asciutta
che s’apre in cretto.
Zell, 25 aprile 2004 – Angelo Siciliano
 

 

MALVEDERE
 
Dove il calanco divora
il cuore di terra della gente
dei vivi e non più vivi
la civetta fa scura la sera
al desolato crinale riarso
su uno smilzo olmo solitario
ancora scampato alla folgore
tra sterpaglie e non più stoppie
e il gheppio non sa essere freno
allo spirito avverso che infierisce
sui tetti del Trappeto
che l’incuria ha tutti sfondati
uno a uno di notte
eppure il bene oneri ulteriori
da sopportare non avrebbe
per un destino che scivola via
di cui non si è padroni
e di certo non è un bel vedere.
Sperare di vivificare questi luoghi
è come pensare di cancellare l’inferno.
Zell, 13 settembre 2004 - Angelo Siciliano

 

DI COSTA IN COSTA
 
Di costa in costa
di fratta in fratta
allo scavalco di fossi
e forre ti ho cercata
come la sera abbranca
la luna a farsi rischiarare
la notte l’aurora
per essere diradata.
La terra seccagna almeno
gemme di rugiada s’attende.
I calanchi aspri ho ripercorso
la danza del tubo penico
ho accennato
ma una letteratura senza lettere
una pittura di colori vuota
una poesia smunta d’energia
paiono prospettive
ormai plausibili.
Zell, 8 ottobre 2004 - Angelo Siciliano

 

NEL BUIO OLTRE LE CANNE
 
È un pensiero fisso
sugli ortaggi a crescere
la civetta che stride,
ma è un canto?
Oltre il muro sfrangiato
di canne, la via senza
effetti speciali, impercorribile
del buio fitto dove sono
coloro in oblio che osservano
che noi non vediamo
e talvolta ci guidano
e li percepiamo
nei momenti cruciali:
il senso lieve della carezza
i brividi fitti per la schiena
non provengono dal maligno
ma dall’appartenenza dov’è
l’identità nostra sconosciuta
avviluppata nel remoto caos.
Montecalvo Irpino, 6 novembre 2004 - Angelo Siciliano
 

 

FRATELLO CARNALE
 
Ricreo la voce di nostro padre
e tu non intendi, rievoco
il canto doloroso di nostra madre
presto le orecchie ti tappi
fratello di latte e di sangue
che ti scorrono in corpo
i geni borbonici e d’altri
dominatori di prima e dopo
le cicatrici crociate, le turche
impalature, le pratiche
infibulatorie. Tiri su case
fratello, mattone su mattone
che altri si godranno come dimore
e se il sisma improvviso
non le atterra, mina tuttavia
il cemento dei ricordi
ma nemmeno scalfisce
l’humus omertoso nel desolato
paese infestato di fantasmi
belve notturne avidi sciacalli.
Ma quando la civetta canta
fratello, non m’inorridisce più
e poi ti spiego gli OGM*
che ormai più non siamo fratelli
e neanche compagni di strada.
Zell, 21 novembre 2004 - Angelo Siciliano
 
*Organismi geneticamente modificati
con le biotecnologie.
 

 

 SEMPRE IN BRACHE DI TELA IL SUD
 
Sempre in brache di tela il Sud
col gelo o con la canicola
o nella rugiada dei secoli senza memoria
nella munnézz o col benessere di plastica
asservito all’usanza degli arraffaconsensi
che la malapolitica è radice possente
in democrazia, spacciata per libertà individuale
nell’abbagliante messa a fuoco
di tragedie annunciate e mai paventate.
Non vi sono ciclabili ma solo galoppatoi
del padrinaggio per la pletora di galoppini
e di chi la fronte con orgoglio la conduce alta
con la schiena dritta, s’insinua
che ha le corna o è diventato matto.
 
Mi accoglie – che strano! –
una bora tiepida di fine maggio,
l’assiolo tra i noci delle janare
e un raro usignolo, lontano,
quasi impercettibile oltre i campi arati
non ancora abbandonati.
 
Qui anche la misericordia
che non si sa più cosa sia
la si importa globalizzata
dai paesi in via di sviluppo:
vale di più ma come si diceva
una volta con meraviglia
costa una pipa di tabacco.
Montecalvo Irpino, 27 maggio 2008 - Angelo Siciliano
 
 

 

OLTRE I RIFLETTORI
Per Giovanni Raboni
 
Vorrei vederti ora,
Raboni di nome Giovanni,
star della critica sui giornali
chi più ti nomina senza
lubrificati ingranaggi
cavalli di Troia o di Frisia
specchietti d’allodole
che la qualità del verso
non sempre paga
seppure stai nel Famedio
 mentore il Foscolo? 
tra innominati meneghini
chissà piloti pur’essi di premi
e quant’altri inghippi plebei
 a me fu soffiato,
forse pure ad altri,
il Thiene ’94 e mi si disse
per tua intercessione 
e la burocratica Morte
è una congela poesie?
E la tua, la tua poesia
te la leggono adesso
o il torto vigliacco
te lo si rende giusto oggi
con simulato coraggio?
Ecco, io ti proporrei,
Johannes cognomato Raboni,
se tu hai un voto celato
proverei a sciogliertelo
con circospetta cautela,
alla mia vanità svaporata.
Zell, 25 marzo 2005 Angelo Siciliano
 
Giovanni Raboni (Milano 1932-2004) è stato poeta, critico letterario del “Corriere della Sera”, traduttore di testi e componente di giurie di premi letterari nazionali.
 
Zell, 2 novembre 2008                                                                                                                             Angelo Siciliano