S’inaugurava il 18 aprile 2009, nello straordinario scenario di Castel Pergine, maniero superbo che ospita un albergo e un ristorante, gestiti da Theo Schneider e Verena Neff, con ampia vista su una valle bellissima cinta da un anfiteatro di monti amati da artisti del passato come Tullio Garbari e Gino Pancheri, la mostra La persistenza del segno della scultrice emiliana Mirta Carroli, che rimarrà aperta sino al 8 novembre prossimo. Un’artista con un ampio curricolo di mostre fatte in Italia e all’estero, la partecipazione alla XLVI Biennale d’arte di Venezia per la grafica e la docenza di Didattica dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Bologna.Sedici sono state finora le mostre degli artisti ospitati negli anni passati a Castel Pergine: Fabrizio Plessi, Davide Scararabelli, Toni Benetton, Giorgio Celiberti, Riccardo Licata, Carlo Lorenzetti, Mauro Staccioli, Francesco Somaini, Pino Castagna, Michael Deiml, Eduard Habicher, Piera Legnaghi, Romano Abate, Annamaria Gelmi, Nane Zavagno e Santorossi. Tutti con un ampio curricolo alle spalle, noti nel mondo dell’arte, largamente editati e antologizzati.

LA PERSISTENZA DEL SEGNO

Mostra di Mirta Carroli a Castel Pergine

 S’inaugurava il 18 aprile 2009, nello straordinario scenario di Castel Pergine, maniero superbo che ospita un albergo e un ristorante, gestiti da Theo Schneider e Verena Neff, con ampia vista su una valle bellissima cinta da un anfiteatro di monti amati da artisti del passato come Tullio Garbari e Gino Pancheri, la mostra La persistenza del segno della scultrice emiliana Mirta Carroli, che rimarrà aperta sino al 8 novembre prossimo. Un’artista con un ampio curricolo di mostre fatte in Italia e all’estero, la partecipazione alla XLVI Biennale d’arte di Venezia per la grafica e la docenza di Didattica dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Sedici sono state finora le mostre degli artisti ospitati negli anni passati a Castel Pergine: Fabrizio Plessi, Davide Scararabelli, Toni Benetton, Giorgio Celiberti, Riccardo Licata, Carlo Lorenzetti, Mauro Staccioli, Francesco Somaini, Pino Castagna, Michael Deiml, Eduard Habicher, Piera Legnaghi, Romano Abate, Annamaria Gelmi, Nane Zavagno e Santorossi. Tutti con un ampio curricolo alle spalle, noti nel mondo dell’arte, largamente editati e antologizzati.
Anche quest’anno, dopo un inverno nevoso, come da anni non succedeva, si è ripetuta la magia della rigenerazione di questi luoghi con dei “segni” di metallo che colonizzano e vivificano i diversi ambienti del castello. Tutto in continuità e armonia con quanto si è fatto negli anni precedenti. E anche stavolta si tratta d’opere create in massima parte per questa mostra, con un segno che muove alla conquista dello spazio, degli ambienti, delle superfici, del cielo e dell’aria con dei ramponi applicati a strani cingoli (Tentativo di assalto, 2009) che aspirano alla levità, all’arrampicata prima sui muri e, dopo questa conquista, alle nubi.
Il ferro è il materiale prediletto da Mirta Carroli, forgiato, lavorato e plasmato abilmente secondo il proprio volere. Niente ready made ma opere nuove, create e tagliate secondo un progetto preciso, nel segno della propria vitalità e cifra stilistica.
La mostra, con la sua ventina d’opere esposte, ha valenza antologica con pezzi differenti per stile e rimandi a simboli primordiali come la ruota (Carro, 2008, e L’arco e il dardo nell’eco del vento, 2009), la serpentina (Cresta di gallo, 1999) e lo scudo (Tribale scudo, 2007), non trascurando il gioco plastico del pieno e del vuoto.
Qualche opera è austera ed emblematica (Nike, 2009), in altre traspare un’eleganza decorativa geometrica (Sentinella avamposto, 2009). In molte opere è chiaro il recupero atavico di forme arcaiche di civiltà scomparse, forme elementari, evocative e mitologiche, simboli alfabetici, creazioni plastiche e allusive, che affondano le radici nella memoria collettiva e nel solco dell’archeologia del pensiero. Opere che interagiscono col visitatore. Alcune ricordano le ostensioni che fanno certi agritur nei cortili o sui muri esterni dei loro locali d’attrezzi della civiltà contadina (Macina, 2009, Araldica, 2009, e Fregio continuo, 2004). Qualche altra ha titolo spiazzante (L’accampamento, 2009).
Sono in mostra anche diverse opere grafiche e trattasi di disegni il cui contenuto pare germinante, perché il segno si muove e si fa progettuale preconizzando le sculture in ferro.
 
Scheda del catalogo
Il catalogo, di 104 pagine, curato da Franco Batacchi, Theo Schneider e Verena Neff, illustrato con foto a colori di Theo Schneider e Matteo Lorenzi, e il ritratto dell’artista di Maria Mulas, contiene i testi del vicesindaco di Pergine Marco Osler, dell’Assessore alla Cultura, Rapporti europei e Cooperazione della Provincia Autonoma di Trento Franco Panizza e dei critici Franco Batacchi e Heinrich Schwazer. È stampato da Publistampa Arti grafiche di Pergine Valsugana nel 2008. Il prezzo è di € 20. (Questo testo è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
Zell, 20 maggio 2009                                                                                                                     Angelo Siciliano

 

 

 MART: RIAPERTA LA CASA D’ARTE FUTURISTA DEPERO
E ORGANIZZATE DUE MOSTRE DOPO I 100 ANNI DEL FUTURISMO
E SUL DESIGN DURANTE LA GUERRA FREDDA 1945-1970

 

 

Il Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, nel 1989 acquisì in comodato il Museo Depero e ne amministra lo straordinario materiale documentario e archivistico, costituito da oltre 3.000 oggetti tra dipinti, disegni, tarsie in panno colorato e buxus, collages, manifesti, locandine, mobili, giocattoli e prodotti d’arte applicata conservati presso l’Archivio del Novecento nella sua sede in corso Bettini. Essi testimoniano l’intero arco d’attività di Depero, dal primo decennio del Novecento fino alle commissioni pubbliche degli anni Cinquanta.
Ha riaperto la Casa d’Arte Futurista Depero e organizzato due mostre: la prima sul futurismo, a cento anni dalla pubblicazione del Manifesto futurista di Marinetti; la seconda sul design negli anni della Guerra fredda, che ripercorre le tensioni tra USA e URSS, tra gli anni Quaranta e Settanta, attraverso le produzioni artistiche.
Altre due mostre celebrano il futurismo in Italia: Astrazioni al Museo Correr di Venezia, dal 5 giugno al 4 ottobre 2009; Simultaneità a Palazzo Reale di Milano, dal 15 ottobre 2009 al 25 gennaio 2010.

 

Futurismo 100 – Illuminazioni. Avanguardie a confronto: Italia – Germania – Russia

 A cento anni dalla nascita del futurismo, nell’ambito delle mostre allestite per celebrare il Manifesto futurista pubblicato a Parigi nel 1909 su Le Figaro da Filippo Tommaso Marinetti, il 13 dicembre 2008, il Mart inaugurava una grande mostra a cura di Ester Coen, con durata fino a metà giugno 2009, in cui erano messe a confronto le Avanguardie d’Italia, Germania e Russia.

Oltre 140 opere esposte di tantissimi artisti celebri e storicizzati di tre paesi, Italia, Germania e Russia, diversi per storia e cultura. Insomma, una grande collettiva internazionale, con opere arrivate in prestito da musei e collezionisti privati, per una rilettura nuova del futurismo e delle sue relazioni con le altre avanguardie storiche: cubismo, espressionismo, dadaismo, raggismo e primitivismo. Tutti fenomeni esplosi nei primi due decenni del Novecento, tra incontri, scontri, divaricazioni e polemiche tra i protagonisti.
Un intreccio complesso indagato attraverso i carteggi inediti di Martinetti, Severini, Carrà, Boccioni, Russolo, Balla e dei loro interlocutori italiani e stranieri.
Si scopre l’importanza di grandi personalità artistiche come Picasso e Matisse, grazie alla loro fitta corrispondenza.
Il futurismo e il cubismo toccarono città come Berlino e Mosca, che a loro volta innescarono nuovi movimenti d’arte, grazie a personalità artistiche come Hartley, Walden, Marc, Kandinskij, Macke, Larionov, Malevič, Gončarova, Ekster e Razanova.
Questa mostra ripercorre la geografia dell’arte nell’Europa di quegli anni cruciali.

 

Riaperta la Casa d’Arte Futurista Depero

Il 17 gennaio 2009, a cinquanta anni dalla sua fondazione, dopo un lungo e attento lavoro di restauro e ampliamento, curato dall’architetto Renato Rizzi e il progetto museografico di Gabriella Belli, ha riaperto al pubblico la Casa d’Arte Futurista Depero, unico museo futurista d’Italia.
Voluta dall’artista Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960), nonostante i proclami futuristi contro l’arte nei musei, per tramandare la propria arte e la storia personale, accoglie arazzi, tele, giocattoli e opere grafiche.
 

Nel 1919 Depero aveva aperto a Rovereto la Casa d’Arte Futurista, un laboratorio d’arte applicata, in cui lavoravano sua moglie Rosetta e alcune sarte del posto alla realizzazione dei grandi quadri di stoffa, i noti arazzi in panno Lenci. Con i prodotti realizzati in questo laboratorio partecipò alle mostre di Brera e Parigi e negli anni Venti girò l’Europa per piazzare le sue creazioni: giocattoli, progetti per scialli e stoffe, grafica pubblicitaria, arredi come sedie, credenze, tavoli e i suoi quadri in panno. Poi si recò a New York pensando di modernizzare la casa americana con le sue idee e i suoi prodotti. In realtà riuscì solo a sbarcare il lunario operando nella pubblicità e lavorando come scenografo del Roxe Theatre, per cui nel 1930 se ne dovette tornare a Rovereto.
Nonostante che il sogno futurista sembrava svanito, egli non si perse d’animo e ripensò il suo laboratorio come un’officina più artigianale, per la rinascita delle tradizioni iconografiche e abitative del Trentino.

 

Nel 1941 propose al comune di Rovereto il progetto per la creazione di una galleria permanente, in cui esporre tutta la sua opera. Ma si dovette arrivare al 1956 perché esso fosse approvato e il luogo scelto fu il palazzo ex Monte dei pegni.
Tra il 1957 e il 1959 Depero lavorò instancabilmente alla realizzazione del suo museo.
Il 1° agosto 1959 il museo aprì ma non si arrivò all’inaugurazione ufficiale, perché Depero si era ammalato e non riusciva più a lavorare. Nel 1960 il comune acquistò il patrimonio culturale dell’artista in cambio di un vitalizio per lui e sua moglie.
Depero morì il 29 novembre 1960, mentre la moglie sarebbe scomparsa nel 1976. Il comune di Rovereto avrebbe acquisito e gestito in seguito tutto il patrimonio artistico.
Il museo ha riaperto dopo dieci anni e, rinnovato e ampliato, torna a svolgere la sua funzione espositiva e didattica.
 
 
 
La Guerra Fredda – Cold War Arte e design nel mondo diviso 1945-1970
 
Questa mostra, inaugurata il 28 marzo 2009, durerà fino al 26 luglio 2009. Curata da Jane Pavitt e David Crowley per il Victoria & Albert Musem di Londra e il Mart di Rovereto, indaga, attraverso le manifestazioni della creazione artistica, l’epoca in cui il mondo, tra il secondo dopoguerra e gli anni Settanta, era diviso dalla Guerra fredda e dalla Cortina di ferro, e vi erano spesso tensioni tra l’Alleanza atlantica e il blocco dei paesi comunisti. In effetti sono indagati due concetti di modernità. Da una parte il capitalismo e dall’altra il comunismo, con implicazioni politiche e militari, spionaggi e la corsa alla conquista dello spazio. Da una parte il consumismo e dall’altra il realismo socialista, inteso come tendenza artistica obbligatoria volta a mostrare uno stile eroico e un chiaro contenuto sociale e politico, col divieto di esplorare l’astrazione e le altre tendenze formaliste diffuse in Occidente.
 

Oltre 300 sono gli oggetti esposti, provenienti dalle più importanti collezioni internazionali, e l’allestimento è distribuito in sette sezioni, dalla pittura al design, dall’architettura al cinema.
Attraverso uno Sputnik russo e una tuta da astronauta americano delle missioni Apollo in mostra, traspare la sfida tra USA e URSS per la conquista dello spazio. Sono in mostra i film di Stanley Kubrick, i dipinti di Rauschenberg, le ceramiche di Picasso, i vestiti di Paco Rabanne, i mobili in fibra di vetro di Charles e Ray Eames, i bozzetti di Le Corbusier, di Buckminster Fuller e di Archigram, i nuovi mezzi di trasporto come la P70 Coupé, la micro-auto Kabinenroller della Messerschmitt e la Vespa
I prodotti industriali dell’Occidente si confrontano con l’arte e l’architettura del realismo socialista.
Negli anni Sessanta incombeva la minaccia di una guerra nucleare. Le fotografie documentano le manifestazioni di protesta per la guerra nel Vietnam, il ’68 a Parigi e la Primavera di Praga.
Negli anni Settanta cominciano a far capolino la cultura ambientalista e una sensibilità nuova verso la fragilità del nostro pianeta da salvare.
(Questo testo è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
Zell, 5 giugno 2009                                                                                                                                       Angelo Siciliano
 
 
 
LA SCUOLA REALE ELISABETTINA DI ROVERETO
Una mostra realizzata con disegni, incisioni e acquarelli degli allievi di inizio ‘900
 

La Scuola Reale Elisabettina di Rovereto, Real Schule, che ebbe sede in palazzo Piomarta, fu istituita verso la metà del XIX secolo, quando il Trentino era parte integrante del Tirolo sotto l’Austria, ed è rimasta nell’immaginario collettivo come modello pedagogico quasi perfetto, per com’era organizzata, per tipo di rapporto tra docenti e discenti e, soprattutto, per i risultati da essa prodotti, che sono stati negli anni oggetto di studio e pubblicazioni. Si trattò di una scuola che preparava i giovani nella teoria e nella pratica, preludio al Liceo scientifico e in parte alle attuali scuole professionali e scuole tecniche.

Molti di quegli studenti, proseguendo gli studi, diventarono ingegneri o architetti, mentre altri, dotati nel disegno e valorizzati da docenti di indubbie qualità umane e professionali, seppero alimentare, attorno alla scuola, tra la fine dell’Ottocento e lo scoppio della Grande guerra, un clima d’ammirazione e consenso. Alcuni di quei giovani, grazie alla loro creatività, acquisirono fama in arte e Rovereto ne ebbe merito, tanto da diventare verso la fine del Novecento la città del Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
I disegni, le incisioni e gli acquarelli, eseguiti dagli allievi durante le ore di lezione, furono diligentemente conservati dal professor Luigi Comel, che aveva intuito le qualità artistiche dei giovani autori. Dopo la sua morte, il figlio Alvise Comel, nel 1974, donò l’intera collezione di 400 opere all’Accademia Roveretana degli Agiati, che n’affidò la custodia al Museo Civico di Rovereto.
Il goriziano Luigi Comel, professore di disegno che rinunciò a diventare artista per proprio conto, e Cesare Coriselli, docente di disegno geometrico e geometria, furono coloro che maggiormente influirono sulla preparazione tecnica e sulla crescita della sensibilità artistica di quegli studenti. In seguito, l’ingegner Riccardo Maroni, allievo lui stesso della Scuola Elisabettina con molte opere in mostra, avrebbe dedicato delle piccole monografie d’arte ad alcuni di quei compagni di studi.
Alla fine della prima guerra mondiale, la Scuola Reale Elisabettina cessò la propria attività, sostituita, con l’avvento del Regno d’Italia, dalla Scuola e dall’Istituto tecnico. L’insegnamento del disegno perse d’importanza e finì l’epoca dei giovani promettenti artisti.
 
Della collezione messa insieme dal professor Comel, 160 opere sono state scelte per organizzare una mostra, curata da Michelangelo Lupo, che si teneva prima a Rovereto, dal 14 al 30 ottobre 2008, e poi in via Calepina a Trento, presso la sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, che se ne è assunto l’onere finanziario, dal 5 al 20 novembre 2008.
Tra le opere esposte figurano quelle di artisti che si sarebbero affermati come tali nella vita e sono Fortunato Depero, Tullio Garbari, Giorgio Wenter Marini, Ernesto Armani e Luciano Baldessari. Dalle loro opere, molto distanti dall’estetica di quelle che li avrebbero resi famosi, si legge, come nelle opere degli altri studenti, l’impegno a mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti, l’esercizio di una pratica piacevole e faticosa che diventerà mestiere, la manifestazione della propria cifra poetica e stilistica, seppure acerba, che prende le distanze dall’asfittica estetica accademica. Crescendo nella loro arte, si sarebbero emancipati divenendo autonomi ma non dimentichi degli insegnamenti ricevuti, in quella che fu certamente anche una scuola di vita, la Reale Elisabettina roveretana.
 
Scheda del catalogo
Il catalogo, di 298 pagine, illustrato con immagini a colori e in bianco e nero, contiene i testi di Mario Marangoni e Gianfranco Zandonati, Presidenti della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Livio Caffieri, Presidente dell’Accademia Roveretana degli Agiati, Lia de Finis, Presidente dell’associazione culturale “Antonio Rosmini”, Maria Garbari, Roberto Pancheri, Domenica Primerano, Claudio Garbari, Riccarda Turrina, Paola Pizzamano, Paola Pettenella e Fabrizio Rasera. Curato da Paola Pizzamano, Riccarda Turrina, Lia de Finis e Domenica Primerano, è stampato in ottobre 2008 dalla Tipografia Editrice Temi s.a.s. di Bacchi Riccardo & C. Trento, per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. (Questo testo è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
                Zell, 20 novembre 2008                                                                                                                                Angelo Siciliano
 
 
 
OMAGGIO A CESARINA SEPPI
Paesaggio della memoria
 
Dal 14 al 30 novembre 2008, negli spazi espositivi di Palazzo Thun di Trento, si è tenuta una retrospettiva di Cesarina Seppi (Trento, 1919 – 2006) Omaggio a Cesarina Seppi - Paesaggio della memoria, accompagnata, come omaggio, dalle opere dei 16 artisti de “La Cerchia”: Livio Conta, Franco Damonte, Bruno Degasperi, Domenico Ferrari, Adriano Fracalossi, Tullio Degasperi, Carlo Girardi, Mario Matteotti, Pierluigi Negriolli, Lina Pasqualetti Bezzi, Annamaria Rossi Zen, Giorgio Tomasi, Ilario Tomasi, Remo Wolf, Marco Berlanda e Carla Caldonazzi.
Le 16 opere di questi artisti, che le rendevano omaggio nel ricordo e nell’affetto per i decenni passati fianco a fianco nelle “battaglie” per l’arte, rispecchiavano la filosofia di ciascuno nell’interpretazione del paesaggio. E poiché in questo caso, trattasi di paesaggio della memoria, non necessariamente è un paesaggio “esterno” a riempire la tela, come potrebbe essere uno scorcio urbano o la vista di una montagna, ma spesso è un paesaggio del foro interiore, con implicazioni esistenziali, espresso nella personale e intima cifra stilistica.
Le opere in mostra di Cesarina Seppi erano 33 e rappresentavano bene la sua produzione espressa nell’arco di una vita dedicata all’arte.
Poiché questa mostra rispecchiava l’antologica “I segni della luce”, che lei tenne a Palazzo Trentini nel 1988, riporto l’articolo che le dedicai, uscito allora nella rivista UCT di Trento e che le feci pervenire tramite il poeta Marco Pola.
In occasione della collocazione della scultura in bronzo «Totem solare» (cm 120 x 400 x 360) di Cesarina Seppi, nel cortile di Palazzo Trentini, da poco divenuto sede splendida del Consiglio Provinciale della Provincia Autonoma di Trento, si è inaugurata un’antologia della stessa artista, con durata dal 30 aprile al 31 ottobre ‘88. Il periodo rappresentato, 1938-1988, molto ampio, ha richiesto un’articolazione della mostra, dove sono rispettate epoche creative e tecniche adoperate differenti, perchè tanti sono stati le fasi di ricerca e gli esiti estetici ed espressivi cui quest’artista, in tanti anni di attività, è pervenuta. Sono esposti opere di pittura, sculture e qualche mosaico, data la multiforme attività della Seppi, che l’ha vista impegnata pure nell’arte decorativa applicata.
 
Moltissime le mostre, personali e collettive, sin qui tenute, sia in Italia che all’estero. Tanti hanno scritto di lei.
Ebbe a dichiarare Guttuso – in occasione dell’antologia che Palazzo Grassi a Venezia gli dedicò nel 1982 – di aver avuto paura per quella mostra, in quanto la sua immagine di artista ne poteva uscire ingigantita come pure rimpicciolita.
Nel caso in questione non sappiamo, non conoscendola, con che spirito Cesarina Seppi abbia affrontato questa “prova” impegnativa per la scelta delle opere e sicuramente faticosa per l’allestimento della mostra.
Le opere sono raggruppate in tre periodi. Il primo, 1938-1952, accoglie figure e ritratti, per i quali è evidente il collegamento a cerco Novecento, e qualche paesaggio. Grazie agli impasti, agli accostamenti cromatici e a certi impianti raffinati, molte di queste opere conservano la loro originale freschezza e poesia. Del periodo 1952-1966, fanno parte alcuni quadri molto materici, a tecnica mista, alludenti a tematiche spaziali, nei cui impasti policromi e polimaterici sono incastonati alcuni cubetti di marmo. Una gestualilà densa di significati, come pure una certa tendenza all’informale, con una forte matrice naturalistica, traspaiono da queste opere. Il collegamento con il periodo precedente, pare di poterlo cogliere con i cupi paesaggi ad olio che di quello fanno parte.
L’ultimo periodo, 1968-1988, rappresenta una svolta rispetto ai due precedenti, anche se con il secondo il collegamento è evidente: la spazialità. Si assiste al trionfo di giochi di elementi geometrici (coni, falci, comete, cuspidi, ellissi, cerchi ecc.) in spazi senza confini, dove però ogni movenza è controllata e il tutto è pervaso da un freddo lirismo accentuato dall’uso di certi colori dominanti: azzurri, blu, turchesi e verdi. Di questo periodo fanno parte anche opere d’arte applicata (vedi le due «Scultura luminosa» del 1970 e 1971), sculture in bronzo, compreso “Totem solare”, e mosaici che realizzano plasticamente l’assunto della ricerca artistica che Cesarina Seppi ha sviluppato in questo periodo.
Il catalogo, con testo critico di Luigi Lambertini, con testimonianze relative a mostre precedenti e illustrazioni a colori e in bianco e nero, è stampato, da Grafiche Artigianelli di Trento, nel 1988.
 
                Scheda del catalogo
Il catalogo, di 88 pagine, con presentazione di Lucia Maestri, Assessore comunale alla Cultura, Turismo e Biblioteche, con testo critico di Maurizio Scudiero, con le biografie degli artisti e le foto a colori delle opere esposte, è stato stampato in novembre 2008 da Nuove Arti Grafiche di Trento, per conto del Gruppo di artisti trentini “La Cerchia”.
(Questo testo è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
                Zell, 30 novembre 2008                                                                                                                                 Angelo Siciliano
 
 
 
I PRODOTTI DELLA TERRA
Artisti trentini tra Ottocento e Novecento a Palazzo Roccabruna

Nelle sale di Palazzo Roccabruna, che si va affermando come “La casa dei prodotti trentini”, il 20 novembre 2008, s’inaugurava la mostra I prodotti della terra – Artisti trentini tra Ottocento e Novecento, con durata fino al 18 gennaio 2009.

Curata da Maurizio Scudiero, aveva lo scopo di creare un collegamento ideale tra l’arte, i profumi e i sapori del territorio trentino, che si promuoveva con la nuova edizione di “Bollicine su Trento” dedicata a un prodotto rappresentativo della viticoltura qual è lo spumante Trentodoc, e accoglieva 50 opere di 27 artisti trentini: Giuseppe Balata, Roberto Marcello Baldessari, Marco Bertoldi, Carlo Bonacina, Luigi Bonazza, Bruno Colorio, Fortunato Depero, Vigilio Eccel, Mariano Fracalossi, Orazio Gaigher, Tullio Garbari, Attilio Lasta, Neno Mori, Gino Pancheri, Michelangelo Perghem Gelmi, Mario Pevarello, Guido Polo, Eugenio Prati, Giulio Cesare Prati, Romualdo Prati, Riccardo Schweizer, Cesarina Seppi, Oddone Tomasi, Luigi Vicentini, Otmar Winkler, Dario Wolf e Remo Wolf. Alcuni di loro sono noti al pubblico e alla critica e tutte le opere pittoriche erano in tema col titolo della mostra. Opere collegate alla storia, alle tradizioni e all’identità del territorio locale, prodotte dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Novanta del Novecento, che raccontano, attraverso il lavoro e i frutti dell’attività agricola, un passato recente che pare lontano e invece precede solo di qualche decennio l’epoca attuale.
Le opere erano raggruppate in quattro sezioni tematiche ben distinte: Vendemmia e vino; Lavoro nei campi; Vitalità della natura morta; Istantanee di vita contadina. Opere di artisti già storicizzati come Garbari, Depero, Iras Baldessari, Bonazza, Gino Pancheri, Eugenio Prati, Remo Wolf, accanto a quelle di altri artisti che s’accingono ad esserlo con pieno merito.
 
 
Scheda del catalogo
Il catalogo, di 71 pagine, illustrato con immagini a colori, contiene i testi di Adriano Dalpez, Presidente della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Trento, e Maurizio Scudiero. È stampato in novembre 2008 dalla Tipografia Editrice Temi s.a.s. di Bacchi Riccardo & C. Trento, per conto della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Trento, 6° volume nella collana “Arte e prodotti a Palazzo Roccabruna”.
(Questo testo è fruibile nel sito www.angelosiciliano.com).
                 Zell, 30 novembre 2008                                                                                                                              Angelo Siciliano