- Scritto da Angelo Siciliano
L’EROTISMO NELLA CULTURA ORALE DELL’IRPINIA
Tre modi diversi, ma complementari, di ricercare e rielaborare questo aspetto particolare e non secondario dell’immaginario collettivo arcaico: Aniello Russo, Mario Aucelli e Angelo Siciliano. Il termine eros, introdotto nelle lingue moderne da Sigmund Freud, viene dalle parole greche éros ed érotos, che significano rispettivamente amore e istinto sessuale. Eros sta per amore sessuale, che ha indiscutibili riflessi psichici sulla vita delle persone. Sempre presso i greci, Eros era il dio della passione amorosa. Non noto all’epoca di Omero come divinità personificata, fu introdotto da Esiodo come una delle potenze primigenie del cosmo, emerso con Gea e Tartaro dal Caos, e onnipotente su uomini e dei. Eros, inteso come principio generatore, fu il frutto di elaborazioni da parte di filosofi e orfici, seguaci costoro dei riti misterici.
- Scritto da Angelo Siciliano
PREFAZIONE
di Mario Sorrentino
Sino a quando non ho letto queste poesie di Siciliano, allorché volevo rievocare a me stesso la nostra comune zona d’origine, ricorrevo, ma tenendomela per me, all’espressione « Terra del silenzio ». E quest’espressione mi ripetevo alcune volte come fosse un nome, mentre mi sforzavo di restringere in una sola immagine il paese dell’infanzia e della prima giovinezza. Non so: un volto di anziana ‘femmena’ con le labbra ostinatamente strette su qualche vecchio dolore o rancore; una serie di schiene curve di vecchi contadini seduti con il culo sporto nel vuoto sui ‘ferri’ della nostra piazza (ma sono queste immagini del passato, poiché ora i vecchi se ne stanno davanti a qualche bar a tentare di ripetere vecchie parole ‘nvidiose’, mentre un ‘juke box’ strepita a tutto volume).
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- Scritto da Angelo Siciliano
Il convento di Montecalvo Irpino, dedicato a S. Antonio da Padova, fu ultimato nel 1631 e di fronte ad esso, com’era consuetudine, ad alcune decine di metri fu messo a dimora un tiglio.
Affidato ai frati minori di S. Francesco d’Assisi, il convento subì dei ritocchi nei secoli passati e fu abbattuto dopo il terremoto del 1962. Forse, con le tecniche di recupero e di restauro messe a punto in questi ultimi anni, lo si sarebbe potuto salvare e vederlo ancora nella sua integrità.
Della sua storia è rimasto poco: qualche quadro, qualche statua, il coro ligneo. Ma il tiglio è ancora al suo posto. I terremoti non lo spaventano di certo.
- Scritto da Angelo Siciliano
La vendemmia di una volta non esiste più da alcuni decenni. È diminuita la produzione di vino in paese, a causa dell’abbandono delle terre, del consumo che si è ridotto e del crollo del suo mercato locale. Non esistono più le cantine, in cui la mescita di vino nuovo era annunciata con l’esposizione di una frasca di alloro sulla strada e il grido del banditore per le vie del paese. Le tecniche di vinificazione sono cambiate, grazie all’introduzione di alcune macchine. Una maggiore attenzione nelle vigne, nella lavorazione e nella conservazione del prodotto finale, che si ottiene dalla pigiatura di uvaggio misto, ne ha migliorato la qualità. Con la bollitura di cinque litri di mosto se ne otteneva uno di vino cotto, adoperato per i dolci e il condimento di alcune pietanze. In paese i tarallini impastati col mosto si sono sempre chiamati “cazzi malati”, ma nella famiglia di mia nonna materna, per pudore, li chiamavano “cazzandriéddri”.
Questo testo è pubblicato ne “Lo zio d’America” di Angelo Siciliano, edito dall’editore Menna di Avellino nel 1988.