Se ci mettiamo a fissare, uno alla volta, questi uomini nel loro sguardo, ci viene restituito un mondo che non conoscevamo, eppure ci appartiene.
Il panorama sociale, anche nei paesi, è completamente mutato non solo rispetto alla metà del Novecento, ma anche in riferimento agli anni Ottanta. Non va dimenticato che il terremoto distruttivo del novembre 1980 stravolse il panorama urbano, rurale e sociale dell'Irpinia, arrecando dolori e tragedie a tantissime famiglie.
Far rivivere delle foto come questa, dopo attenta ricerca nel luogo in cui fu scattata, interrogando le persone che conoscevano questi uomini e i loro discendenti, può aiutare a ricostruire fatti e storie dimenticati. Una mostra e la conservazione di queste immagini, in luoghi istituzionali idonei, farà sì che esse non vadano disperse e le storie personali cancellate definitivamente.
Sarebbe bello collaborare alla conservazione dei "patrimoni immateriali" irpini. Personalmente ho approfondito quello di Montecalvo Irpino, ma confido che in Irpinia anche altri abbiano raccolto e messo insieme questi patrimoni e sarebbe bello saldarli, per offrire ai giovani un importante ancoraggio alla nostra storia collettiva.
Misi insieme un archivio della civiltà agro-pastorale in Irpinia e la dozzina di libri da pubblicare è inedita, perché al mio comune d'origine la cosa non interessava. Fanno parte di questo archivio anche una cinquantina di parole dialettali arrivate in Irpinia con gli emigranti di ritorno dagli USA. Una è "lu còttu", per cappotto, da Trench-coat. E raccolsi anche tanti aneddoti e storie di nostri emigranti di inizio '900, con le loro opinioni sugli americani di allora. M'innamorai dell'Australia, grazie a Walter Bonatti, grande scalatore, esploratore e viaggiatore, che descrisse la sua salita su 'Red rock of Uluru', luogo sacro agli aborigeni, sterminati anche dalle malattie infettive introdotte dall'uomo bianco. Mi affascinavano la loro cultura, la loro musica e la loro arte primitiva, il boomerang, che erano bravissimi a lanciare. E poi i tanti ambienti australiani, interni al continente e la grande barriera corallina. Uno dei due miei figli, da ragazzino si innamorò dei Dingo.
Emigrai nel 1973 a 850 km dal mio paese, ma mi fermai in Italia, a Trento, e ho avuto la fortuna di maturare, culturalmente, grazie alla realtà in cui mi sono inserito. E non dimenticai il mondo contadino, in cui vissi fino a 20 anni, e poi l'ho recuperato, studiato e analizzato.
Era un mondo o meglio una società double-face, in cui quella borghese, – ma sino al 1945 c'erano anche i nobili –, meno numerosa e abbarbicata su antichi privilegi, contava immensamente di più della massa del popolo e orientava a proprio piacimento le sorti della nazione e delle realtà amministrative locali. (A. Siciliano – Zell, 20.07.2012)