PER PRIMO LEVI: ALLA MEMORIA* Un’implosione: gli ebrei i nazisti il lager. L’olocausto incombe.
Una chiazza di sangue su un ballatoio del palazzo diffusa da una tivù impietosa. La gente gradisce cronache crudeli ci si schermisce.
O Jahveh Jahveh, cos’hai permesso! L'angelo che inviasti ad Abramo che giocò con Israel, dov'era?
Neutrini ci hanno attraversati: ecco numeri sulle braccia. Lusinga di una stella nana non di un buco nero!
A.SICILIANO – Primo Levi (matita) 2005 * Primo Levi, chimico, scrittore, ebreo, ex deportato ad Auschwitz, suicida a Torino, gettandosi nella tromba delle scale del suo palazzo, domenica, 12 aprile 1987. Non ha potuto resistere oltre al pesante fardello dei ricordi tragici del lager in cui fu internato, anche alla luce di fatti ricorrenti che attesterebbero che il mondo non ha memoria e la storia sembrerebbe non avere insegnato alcunché.
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ARCHEOLOGIA DIVINA Dio, Ibwh, aveva moglie all’origine dei tempi si specchiava nell’arcobaleno alimentava il sole d’immani pulsioni elettromagnetiche conviveva con dei d’altri popolil o si rappresentava nella pietra lo si dipingeva nel vasellame. Un dì mise ordine per il Mediterraneo divenne single azzerò la concorrenza prima globalizzazione della storia con espropri d’altrui attribuzioni. Da glabro si fece barbatol ungi da lui l’alopecia ispirò l’autopsia delle parole. La paternità ne consolidò lustropotere nei templi spogliati riattatiri popolati di nuove icone. S’incamminarono i neofiti perseverando in proselitismi delocalizzando il martirio. Sarebbero venuti poi potere temporale integralismi fondamentalismi tutti divisi in nome di Dio guerre di religione e Santa Inquisizione a imbrattarsi la tonaca col sangue dei giusti sacrificati della contestazione radicale cui solo da posteri si sarebbe invocato perdono. Si sarebbero praticati roghi tanti non profetizzati unitamente all’attesa smaniosa del big bang apocalittico.
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PADRE E MADRE
Ermafrodita era Dio fecondava e allattava padre e madre insieme miliardi di semi molti di meno i capezzoli. Un Padre maschio tutto poteva: chiedetelo alle femmine denigratrici dei maschi. Dio era femmina con seni stravaganti dilatati all’inverosimile e latte abbondante: chi non crede ammiri i derivati di quel latte cagliato. Una notte a Betlemme attuò la separazione del tempo e dei ruoli. Ora ci sono la banca del seme e la banca degli ovuli e i profilattici stampati ad arte sono tutti col buco.
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SCRISTIANITÀ
Ciò che all’occhio si gode terra scristianizzata da costa a costa aspettative sospese all’equivoco o peggio all’imbroglio. Sufficiente uno scorcio di secolo ai millantatori per affermare qui e là il deserto. Non più approderanno cantori o martiri d’Oriente mistici sapienti o filosofi alle chiese rupestri screpolate d’affreschi. Solo se le stagioni prendessero a rincorrersi a ritroso si raddrizzerebbe forse la sorte ma ogni fondamento di verità si cementa di dubbi e ciò non basta nottetempo né ad altra ora a consolare o infondere coraggio.
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MERCATO DELLE PULCI
Per quell’atavico retaggio d’Oriente abito mentale ampio o ristretto permane innata l’inclinazione alla gestione del lutto. Pervade il tutto una melodia flautata di Pan in stato di grazia struggente di rimandi complicità. Immagini cristallizzate per secoli venerate reliquie di santi ridotte parafulmini alle sontuose basiliche oggetto di rapinosi gesti scusa d’infedeli per desertificazione postuma che da tempo già fa capolino. Rabdomanti s’ingegnano alle necropoli metropolitane captano lacrime per cari estinti con perizia sconvolgente. Gli Exultet spaginati a ruba dispersi per anonime bancarelle al mercato delle pulci.
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ARCHEOLOGIA DEI RIFIUTI
Archiviato il passato relegati al presente più che mai legati all’amor proprio al futile dell’inutile oggetti votati tutti ad insopprimibile spazzatura. Nel raccapriccio dello spreco ferite da non sutura. L’archeologia dei rifiuti ci restituisce Milone sei vittorie ad Olimpia Pitagora e duecento anime delle sue reincarnazioni. Ma il paradiso, dicono, sono barriere coralline al Mar Rosso dove più d’un vascello sommerso è in gloria. |
GROVIGLIO ANTICO
Partecipi già lo eravamo alla vena di verde tratturo di saliscendi cromosomi nel neolitico. Oggi è che siamo assenti l’occhio irretito al nastro d’asfalto senza greggi e compagni cani le case accasciate a intrigare la memoria violazioni indegne tuttavia tollerate. Non più fraseggi d’allodole Pescasseroli all’orizzonte gli ovini metabolizzati come tutti i caprini la mente cede a chi di più l’alletta senza scampoli di canti né corna neanche quelle paventate dai pastori. Una nenia risuona ignota all’orecchio e da tempo remoto e lento si sbroglia un groviglio celato di culture e mesti riti quotidiani per le terre di S. Eleuterio.*
A Sebastiano Martelli. * Si tratta di un territorio di Ariano Irpino (AV), confinante con quello di Montecalvo Irpino, e vi passa da tempo immemorabile il tratturo che, da Pescasseroli (AQ), consentiva ai pastori abruzzesi la transumanza sino a Candela (FG).
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DOPO IL RATTO D’EUROPA
Pulsa il cuore vecchio d’Europa dove si consumò il misfatto nel mare stanco tra le terre d’antichi cocci corredato con trapassati ingessati e i vivi tutti imbalsamati di cautele rispettose. Mare di storie oziose e navi salpate per itinerari incerti di successi e catastrofi cercate per conquiste e commerci battaglie perse vinte riperse. Donne recuperate al baratto dei caprini o sottratte con gesti rapinosi e ingravidate poi fattrici di razze variegate. Infine profanate necropoli da tombaroli intraprendenti per ostensioni museali o per salotti di feticisti. Ci percepiamo come isole dove l’approdo è problematico e un assillo insensato trafigge un pensiero nostro impertinente che già sul nascere appassisce.
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LA GUERRA Sempre un affare per taluni è la guerra non bada a spese per sfoltire arsenali vorace di sangue materie strategiche agognate ricchezze nuove conquiste stupri etnici e vendette crimini indicibili sventure e genocidi sindrome apocalittica maestra perenne ad uccidere il dolore abile col terrore a sfrattare le anime di pavidi e valorosi per traslare le salme ad imbrattare ideali col consenso carpito per tenebrose regioni inesplorate della mente sfuggendo non ad una ma a cento e mille rinnovate maledizioni. |
NON DIMENTICATECI
Non dimenticateci noi caduti in guerra. Per chi? Ricomposti alla bell’e meglio negli ossari o dispersi abbracciati amici e nemici in fanghi tenebrosi lombrichi ad accarezzarci senza ideali da elargire né calendari da sfogliare con erotiche sequenze tutti per voi non per l’al di qua dove il tempo è scappato un giorno buio pesto infinito.
Non dimenticateci noi caduti alle guerre civili. Per cosa? Sfidati voi a discernere tra canaglie e galantuomini eroi e millantatori il giusto e l’ingiusto labile legame tra vittime e carnefici ferita dolorosa da lenire da sempre insanata finto o vero terrorismo.
Conta ancora speculare purtroppo su tragedie antiche per equiparare non già per pacificare e ancora si somma il cinismo di carrieristi predoni solo in apparenza metabolizzato. |
COZZARE DI STELLE
Di tutto ci rifilano imbonitori senza scrupoli: panorami di obsoleta concezione con guadi perigliosi o invalicabili deserti di canti tediosi e disperati sublimate menzogne orripilanti coraggio simulato del volare d’anime sperdute oltre confine con ali alle ascelle disinserite per ovattanti nebulose dove al cozzare di cadaveri di stelle s’illumina che è un piacere uno spicchio d’universo al silenzio disumano più assordante. |
PIONEER 10
Trent’anni e continua il viaggio per miliardi di miglia e miliardi la sonda recante targa degli umani ambo i sessi rappresentati e il sistema di provenienza infinitamente lontano e un bip bip ormai appena distinguibile. Chi andrà ad incontrare non si sa forse uno senza pregiudizi o il Creatore che s’è scordato di una creatura o figlio ignoto in ogni modo fardello non scomodo chissà forse non significante esperimento marginale ad un disegno ancora di mano non sfuggito. |
QUASI EPITAFFIO Per un cubo da rottamare S’è adempiuto le esequie dell’I.T.C. Europa a Trento* senza estendere partecipazioni nell’estremo consesso collegiale neppure una lacrima un sospiro qualche sarcastico frizzo dose malcelata d’ipocrisia come ad ogni funerale da tempo è d’uso col trapasso relegato oltre virtuali mura. Progetti volatilizzati rinunce a propositi a lungo rimuginati un cubo da rottamare i saperi forse ancora no prospettive vaghe per qualcuno aiuole da cedere ai vicini qualche lacerazione allucinazione ormai una carcassa da smembrare: espianti subiti d’imperio trapianti dall’esito incerto.
* La riforma scolastica, con i presidi trasformati in dirigenti, imponeva l’accorpamento di diverse scuole per la razionalizzazione dell’uso delle risorse. Questa sorte toccava al mio istituto che, nel 2000, veniva così a scomparire e il suo simbolo, rappresentato da un cubo di latta con su dipinte le stelle dell’Unione Europea, era miseramente rottamato. |
XX° SECOLO
Questo secolo lungo più di un incubo infinito affida al millennio che segue un fardello apocalittico di tragedie indicibili ricordi ingessati per macabre bacheche un carro cigolante di cimeli dell’orrore e un coro silenzioso tra boschi rinselvatichiti. Inopportuna e faziosa la memoria irriverente d’emblemi esilaranti impastata la storia di trilli umorosi e sconsolate litanie.
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MAL DI PAESE
Non c’è più il prete qui. Si dileguò il curatore dei corpi quando come per epidemia tutti partivano lasciando case apparecchiate nell’attesa. Torna ora qualcuno solo per doverose visite al camposanto assumendosene le orazioni. Un cane randagio permane per topi campagnoli e qualche frutto raro. Sbattono ancora le porte non scardinate di camere o balconi inquilino unico il vento cui noia arreca un passero solitario. S’avviò il declino nessuno vi fece caso. Lo coccolammo lusingati pargolo di cure bisognoso nel silenzio suo gemello degno. |